Persefone e i misteri eleusini

Nella mitologia greca la prima discesa agli inferi è quella di Persefone rapita da Ade, mito centrale del culto di Demetra nei Misteri Eleusini, la cui pratica era nota già fra il XVI e il XII secolo a.C.

Secondo i racconti più diffusi, di Persefone, figlia di Zeus e Demetra, si innamorò Ade, il loro potente fratello che dava ordine al mondo della morte. Egli la rapì, candida fanciulla, mentre stava raccogliendo fiori su un verde prato insieme alle giovani amiche. Sul carro trainato da neri cavalli al galoppo Ade la trascinò sottoterra dove si compirono le sacre nozze.

La madre Demetra non si rassegnò alla scomparsa della figlia: la chiamò invano, poi disperata abbandonò l’Olimpo e si mise a cercarla ovunque sulla terra, finché comprese quale era stato il suo destino. Demetra afflitta finì per negare il proprio dono all’umanità, bloccando la crescita del grano e delle messi, sinché Zeus impose al fratello di restituire la ragazza: mandò Ermes nell’Ade a richiederla. Persefone fu restituita alla luce e poté riabbracciare sua madre, ma i pochi chicchi di melograno che aveva mangiato sottoterra la vincolavano per sempre al regno dei morti, e così la sua rinascita non fu completa: per sei mesi (oppure tre soltanto), d’inverno, siede accanto allo sposo sul trono infero, per gli altri ritorna a vivere con la madre e gli tutti dèi, ed è questo il periodo in cui la natura torna a germogliare.

Le nozze tra Ade e Persefone sono una grande metafora della vita che si rinnova, poiché rinviano in realtà al morire e al rinascere della vegetazione e al perenne ciclo dell’esistenza in cui la morte non è il punto terminale, ma una tappa necessaria alla vita stessa, nel grande ciclo cosmico, cui partecipano anche gli uomini.

Vedi Giulio Guidorizzi, “Il racconto degli dei. L’origine del mondo e le divinità dell’Olimpo”, Milano 2020

Stele dedicata a Basileia e Zeuxippo (Persefone e Ade)

terzo quarto del IV secolo a.C.
da Atene ante 1803
altezza cm 39
inv. 2220

Parte destra della stele a naiskos (edicola) in marmo pentelico con i personaggi ora purtroppo privi della testa: un eroe seminudo è steso su una kline (letto triclinare, usato nei banchetti) e davanti alla kline, in piedi, una donna di tre quarti con in mano due oggetti; alle sue spalle doveva trovarsi una successione di offerenti, come è usuale su questo tipo di raffigurazioni. Sullo sfondo, sono appesi una tunica, una corazza e una spada. Davanti al personaggio recumbente, il defunto, vi sono un serpente, un cratere a volute e un giovanetto nudo.

Certamente le teste originali erano piuttosto danneggiate (come testimoniano antichi disegni di quando il pezzo era presente in una chiesa di Atene), pertanto nell’ambito di un consistente intervento di integrazione dei pezzi finanziato nei primi anni dell’Ottocento dall’Accademia degli Arcadi Sonziaci (allora proprietari della stele) deve essere stato deciso di scalpellarle del tutto e applicare poi due teste posticce (ora a loro volta eliminate). Antiche fotografie mostrano l’uomo con una testa di Giano bifronte, mentre la donna ne aveva una con pettinatura classicheggiante. Appaiono rilavorati anche tutti gli oggetti in mano ai personaggi come anche alcune lettere dell’iscrizione.

In quest’ultima la dedica è rivolta a Zeuxippos e Basileia, nella cui identificazione pare legittimo riconoscervi uno degli appellativi con cui venivano invocati Ade e Persefone.

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