Sala C2: i luoghi di culto

Sezioni della sala

97-103. Iscrizioni sacre

Veduta della sezione dedicata alle iscrizioni sacre
Veduta della sezione dedicata alle iscrizioni sacre

Il ritrovamento di are, lastre e architravi di templi e il recupero di piccoli bronzetti raffiguranti le divinità italiche hanno consentito di riconoscere nella Tergeste romana la presenza dei culti di Minerva, Ercole, Mercurio, Bona Dea e Silvano Castrense. Non mancarono neppure i culti di derivazione orientale: dall’Egitto Iside e dall’Asia Minore Giove Dolicheno e la Mater Magna o Cibele.

97. Rilievo di Atthis
inv. 12603

Stele in calcare con rilievo recuperata da via del Teatro Romano.
III sec. d.C.

Una cornice di tipo norico-pannonico racchiude il rilievo con Atthis, divinità originaria della Frigia (una regione dell’odierna Turchia), amante della dea Cibele. Il dio è ritratto stante, vestito di tunica e mantello con il caratteristico berretto frigio mentre regge nella destra una siringa (strumento musicale a fiato) e nella sinistra un bastone ricurvo. Proprio il suo legame con la sfera della morte e con il rifiorire della vita ne fanno uno dei soggetti preferiti nella decorazione dei monumenti funerari.

98. Dedica a Iuppiter Optimus Maximus Dolichenus
da parte di Iulia Severa
inv. 13589

Arula in calcare rinvenuta negli scavi del 1906 in via D. Bramante.
Prima metà del I sec. d.C.
I.It., X, 4, 7

I(ovi) O(ptimo) M(aximo)
Dolic(heno)
Iulia
Severa
v(otum) s(olvit).

A Giove Ottimo Massimo Dolicheno Giulia Severa sciolse il voto.

La dedica, insieme a una simile ora perduta, documenta a Tergeste Giove Dolicheno, nome con cui i Romani designavano il dio di Doliché nella Commagene (Turchia), il cui culto si diffuse in Occidente grazie a mercanti e militari. Il rinvenimento di ben due dediche nella zona di via D. Bramante potrebbe provare l’esistenza di un’area extraurbana sacra al dio, così come la sua popolarità tra le donne e non solo tra i soldati.

98 bis. Dedica a Ercole
inv. 13870

Arula in calcare di provenienza ignota.
Ultimo quarto del I sec. a.C.
I.It., X, 4, 5

[He]rculi
[v(otum) s(olvit)] l(ibens) m(erito)
[- Apu?]leius
[—]umus.

A Ercole sciolse il voto avendolo (la divinità) meritato … Apuleio (?) …umo.

Il culto di Ercole va ricollegato alle prime fasi della colonia ed è frequente tra i culti più precocemente attestati soprattutto negli abitati con una forte vocazione commerciale, come Tergeste (infatti erano sotto la tutela di Ercole tutte le attività relative alla mercatura e allo scambio).

99. Dedica a Silvanus Castrensis
inv. 13789

Arula in calcare conservata fino al 1907 nel giardino di G. Comelli in via di Montuzza.
I sec. d.C.
I.It., X, 4, 18

Silvano
Castrensi.

A Silvano Castrense (urbano?).

100. Dedica del rifacimento del fons e del lucus
inv. 13790

Due frammenti contigui in calcare costituenti forse una canaletta, pertinente al fons (la sorgente) di cui parla l’iscrizione, rinvenuti nella vigna Pillepich, vicino all’ingresso del Castello di San Giusto.
I sec. d.C.
I.It., X, 4, 19

[— f]ontem, lucu vac. m
[— pro salute -] Octavi Marce[ll]i restituit.

… la fonte e il boschetto (di Silvano), per la buona salute di … Ottavio Marcello, ripristinò.

101. Dedica a … e alla familia (Silvani) da parte dell’edile Spinther
inv. 13869

Porzione inferiore di dado di base in calcare a lungo utilizzato come sedile vicino alla porta del campanile della Cattedrale di San Giusto.
Prima metà del I sec. d.C.
I.It., X, 4, 69

[f]amiliae
ex pecunia
honorar(ia)
adiecta in-
pensa sua
Spinther
aedil(is).

A … e ai membri del collegio (di cultori di Silvano) con la tassa d’ingresso, dopo avervi aggiunto un contributo volontario, Spintere, edile (del collegio), (fece / pose).

Recentemente è stata proposta una rilettura complessiva dei tre testi (n. 99-101), che potrebbero fornire la testimonianza dell’esistenza forse a Montuzza, sul colle di San Giusto, di un’area sacra extraurbana votata a Silvano. Nella parte perduta della base (n. 101) si trovava probabilmente il nome di Silvano (come nel n. 99), il dio a cui era dedicato, insieme al collegio dei cultori, il dono, che uno di essi, Spintere, pagò con la propria tassa d’ingresso accresciuta da altro denaro. Un’altra epigrafe (n. 100) ci dice inoltre che in questa area sacra, accanto a dediche e altri doni, si trovavano anche un boschetto e una fonte (fontana o sorgente), elementi naturali propri di questo dio legato al mondo selvaggio, sebbene qui sia definito con l’epiteto (soprannome) “Castrense” – in opposizione al più frequente “Silvestre” – da intendersi come indicazione di un culto proprio del mondo urbano.

102. Dedica a Ercole o a Eracura
inv. 13599

Colonnetta in calcare un tempo reimpiegata in una tomba della necropoli tardoantica dei Santi Martiri.
Ultimo quarto del I sec. a.C.
I.It., X, 4, 174

< H > erac(li).

A Ercole.

oppure

< A > erac(urae).

A Eracura.

Non è sicuro lo scioglimento dell’abbreviazione di questo monumento che è stato anche considerato un falso. Potrebbe trattarsi del semidio Ercole, figlio di Giove e Alcmena, oppure di Eracura, divinità ctonia (sotterranea, che abita il mondo degli Inferi), identificata con la Terra Madre e moglie di Dis Pater, attestata anche nella vicina Aquileia e in Istria.

103. Dedica di un bacile alla Bona Dea da parte di … Ursa
inv. 31556

Frammento di orlo e parete di bacile in calcare rinvenuto nel 1892 tra i resti di una villa romana nella località Campi di Mezzo presso Aurisina.
Ultimo quarto del I sec. a.C.
I.It. X, 4, 306

[—] Ursa B(onae) D(eae) [—]

… Ursa alla Bona Dea ….

Non sono chiari il contenuto e la funzione dei bacili nell’ambito dei riti relativi alla Bona Dea, divinità indigena del Lazio il cui nome vero (Fentia o Fenteia) non era lecito pronunciare. Il culto di questa dea della fecondità e della salute era tipicamente femminile ed era caratterizzato da rituali misterici che culminavano in una festa celebrata nella casa di un magistrato. Questa potrebbe essere la spiegazione del ritrovamento ad Aurisina, in un contesto chiaramente privato, di un bacile iscritto del tutto simile a quelli rinvenuti nell’area del santuario tergestino (vedi le iscrizioni nn. 104-106).

104-112. Tempio della Bona Dea

Posti nella nicchia della finestra, i bacili in pietra o labella (n. 104-106) rivestono una particolare importanza. Uno porta sul labbro la dedica alla Bona Dea: B(onae) D(eae) M(erito), cioè “alla Buona Dea che lo ha meritato”. Sono stati ritrovati nel 1910 in scavi in via Santa Caterina, tra i resti di quello che è stato riconosciuto come il tempio della dea.

Dalla stessa area proviene anche la lastra sistemata in basso a destra (n. 107) che ricorda come l’edificio sia stato fatto erigere con decreto dei decurioni, a spese pubbliche, da Lucio Apisio e Tito Arruntio, nella seconda metà del I secolo a.C.

Con il nome di Bona Dea gli antichi definivano una divinità il cui vero nome non era lecito pronunciare. Si trattava di un culto femminile della fecondità e della salute caratterizzato da riti misterici.

Lo scavo del tempio nel 1910
Lo scavo del tempio nel 1910
Ipotesi ricostruttiva del tempio della Bona Dea
Ipotesi ricostruttiva del tempio della Bona Dea
Ipotesi di ricostruzione della facciata del tempio
Ipotesi di ricostruzione della facciata del tempio

104. Dedica di un bacile alla Bona Dea da parte di Barbia Stadium
inv. 2267

Bacile in calcare con colonnetta rinvenuto negli scavi del 1910 condotti nell’area del tempio della Bona Dea situato tra Corso Italia e via Santa Caterina.
Ultimo quarto del I sec. a.C.
I.It., X, 4, 1

Barbia L(uci) l(iberta) Stadium B(onae) D(eae) m(erito).

Barbia Stadium, liberta di Lucio, (donò) alla Bona Dea avendolo (la divinità) meritato.

VOCE DAL PASSATO N. 9
Ascoltiamo il racconto di un bacile

105. Frammento di bacile
inv. 31557

Due frammenti contigui e solidali di bacile in calcare rinvenuti negli scavi del 1910 condotti nell’area del tempio della Bona Dea situato tra Corso Italia e via Santa Caterina.

L’iscrizione, come negli altri esemplari conservati, era incisa sulla parte di bordo ora perduta.

106. Dedica di un bacile alla Bona Dea da parte di Barbia
inv. 31558


Due frammenti costituenti una sezione del fondo e dell’orlo di un bacile rinvenuti negli scavi del 1910 condotti nell’area del tempio della Bona Dea situato tra Corso Italia e via Santa Caterina.
Ultimo quarto del I sec. a.C.
I.It., X, 4, 2

Barbia [—]

Barbia …

107. Dedica della costruzione a spese pubbliche del sacello della Bona Dea
inv. 13541

Lastra in calcare scorniciata rinvenuta negli scavi del 1910 condotti nell’area del tempio della Bona Dea situato tra Corso Italia e via Santa Caterina. Il retro è stato rilavorato come capitello di pilastro.
Seconda metà del I sec. a.C.
I.It., X, 4, 3

L(ucius) Apisius T(iti) f(ilius),
T(itus) Arruntius L(uci) f(ilius),
IIvir(i), ex d(ecurionum) d(ecreto), ex
p(ecunia) p(ublica) faciundum coera(vere).

Lucio Apisio, figlio di Tito, Tito Arrunzio, figlio di Lucio, duoviri (= magistrati annuali della colonia), con decreto dei decurioni (= consiglio municipale), a spese pubbliche fecero fare.

La lastra, reimpiegata in antico come capitello di un pilastro messo in opera nell’area del santuario, ricorda la costruzione a spese pubbliche del tempio della Bona Dea. I due magistrati menzionati sono probabilmente i discendenti dei primi coloni di Tergeste, infatti i loro nomi sono propri dell’Italia centrale. Lucio Apisio ci è noto anche da un’altra iscrizione facente parte del suo monumento sepolcrale, ora conservata nell’Orto Lapidario.

108. Base di pilastro
inv. 12627

Base di pilastro in calcare rinvenuta negli scavi del 1910 condotti nell’area del tempio della Bona Dea situato tra Corso Italia e via Santa Caterina.
I sec. d.C.

109. Rilievo di Ercole (?)
inv. 12742

Blocco in calcare con rilievo di provenienza sconosciuta.
I-II sec. d.C.

Il rilievo, di esecuzione piuttosto grossolana, rappresenta una figura barbuta, interpretabile come Ercole, il semidio figlio di Giove e Alcmena.

110. Stele con figura di offerente (?)
inv. 12743

Blocco rettangolare scorniciato in calcare con rilievo figurato entro nicchia di provenienza sconosciuta. Il monumento potrebbe essere identificato con il “Genio della città” con cesto ricolmo di mele murato alla fine del Seicento in via del Castello, secondo la notizia fornita da Ireneo della Croce.
I-III sec. d.C.

Il rilievo rappresenta un uomo vestito con corta tunica che tiene davanti a sé un cesto colmo di oggetti tondeggianti, forse frutti, che consentirebbero di interpretarlo come un offerente.

111. Rilievo con Priapo
inv. 2200

Lastra scorniciata in calcare con rilievo un tempo murata nella facciata di una casa all’angolo di via Malcanton e piazza Grande (ora piazza dell’Unità d’Italia).
I sec. d.C.

Il rilievo rappresenta Priapo, il dio legato alla forza generatrice della natura. La divinità è nuda con un mantello sulle spalle e si appoggia a un tirso (un’asta con pampini ed edera attorcigliate). Il volto presenta una folta barba e orecchie da felino.

112. Dedica a Minerva
inv. 13564

Ara in calcare rinvenuta a Grignano.
Ultimo quarto del I sec. a.C.
I.It. X, 4, 300

P(ublius) Cassiu//s
P(ubli) l(ibertus) Eros
M(inervae) v(otum) s(olvit).

Publio Cassio Erote, liberto di Publio, sciolse il voto a Minerva.

Il luogo di ritrovamento del monumento potrebbe indicare la presenza di un’area sacra extraurbana dedicata a Minerva.

113. L’ombelico del mondo

Il centro della sala è occupato da un Onfalo, una pietra a forma di uovo che richiama l’immagine della sacra pietra ombelicale del mondo antico, centro della terra, che si trovava nel tempio di Apollo a Delfi. All’Onfalo si avvinghia con le sue spire il lungo serpente Pitone, nemico della luce, che il dio uccise con una freccia.

Elemento tipico dei quadrivi in epoca romana, fu rinvenuto in via di Romagna dove passava la strada per Aquileia.

113. Onfalo
inv. 13760

Onfalo in calcare con rilievo rinvenuto nel 1934 in via di Romagna.
I sec. d.C.

L’omphalos, a forma di uovo con serpente squamato, è vuoto all’interno e dotato di zoccolo liscio. Esso richiama la sacra pietra ombelicale, centro della terra, custodita dal serpente Pitone, che si trovava nel tempio di Apollo a Delfi. Non è esclusa la pertinenza del monumento a un contesto sepolcrale, come farebbe intendere anche il rinvenimento in via di Romagna, dove si trovava la necropoli lungo la via per Aquileia.

114. Il Tempio della dea Cibele

Una curiosità è data dalle notizie di ritrovamento dei cinque frammenti dell’architrave (n. 114) con dedica alla Mater Magna o Cibele: sono stati tutti rinvenuti separatamente in luoghi diversi della zona tra il Teatro romano e piazza A. Hortis, riutilizzati come materiale da costruzione. Il sacello dedicato alla dea si trovava probabilmente nella zona dell’Arco di Riccardo.

114. Dedica del sacello della Mater Magna
inv. 13788

Cinque frammenti d’architrave in calcare rinvenuti separatamente in via del Teatro Romano, nel muro di un terrapieno della Curia Vescovile di via di Cavana e in via delle Monache.
I sec. d.C.
I.It., X, 4, 12

Ex imp[erio Ma]tris Magnae [Deoru]m C(aius) +[—] f(ilius) Sa[—].

Per ordine della Grande Madre degli Dei Gaio… Sa…, figlio di …, ….

La Grande Madre o Cibele, originariamente dea di un culto orgiastico officiato da eunuchi, è la prima divinità orientale ad entrare a Roma: sulla base di un responso dei Libri Sibillini nel 205 a.C., in piena guerra annibalica, fu deciso di portare nell’Urbe il simulacro della dea di Pessinunte in Asia Minore (odierna Turchia).
Il suo sacello a Tergeste non è facilmente localizzabile a causa della dispersione dei singoli frammenti costituenti l’architrave. Tuttavia è stato proposto, sulla base anche di altri rinvenimenti epigrafici, di situarlo nelle strutture identificate agli inizi del Novecento (e in parte rimesse in luce negli scavi del 2001) nella piazzetta dell’Arco di Riccardo.

Le Collezioni

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