La piccola scultura (alta 17 centimetri), purtroppo incompleta, è un capolavoro della lavorazione romana a tutto tondo in ambra ed è inserita in un piedestallo di tipo monumentale realizzato in un altro blocco d’ambra di colore bruno. Costituisce un raffinato soprammobile, una alzata, per la camera di una dama romana di Aquileia.
Il corpo nudo, giovane e snello della dea Venere (in 4 frammenti ricomposti, mancante di braccio destro e mani) ha volto dai tratti ben modellati, incorniciato dai capelli divisi da una scriminatura centrale formanti grossi boccoli; in cima al capo sta un diadema annodato sulla nuca.
La presenza di sei attacchi di puntelli indica la complessità del gruppo che si componeva di altre due figure, delle quali rimangono alcuni frammenti: un piccolo erote in volo e un fanciullo ai piedi della dea.
Rinvenuto ad Aquileia, presso il fondo Comelli nel 1894, mostra una lavorazione accuratissima e sapiente, ascrivibile ad un maestro aquileiese che si era formato alla scuola alessandrina: documenta in modo eloquente come Aquileia fosse il terminale della via dell’ambra e vi sorgesse una fiorente industria dell’intaglio dalla metà del I e durante tutto il II secolo d.C., come testimoniato anche da una ricca serie di ritrovamenti nelle sepolture.
La più recente mostra cui ha partecipato è quella intitolata “Ovidio, Amori e Metamorfosi” a Roma, presso le Scuderie del Quirinale tra 2018 e 2019. Prima a Napoli al Museo Archeologico Nazionale nel 2007, a Milano, in Palazzo Reale, 2008 e 2009, a Venezia a Ca’d’Oro nel 2009-2010 e al Castello del Buonconsiglio a Trento nel 2011; molte altre in precedenza.