La vetrina presenta i contenitori in vetro antico con le loro superfici trasparenti e iridescenti, in una ricca panoramica sulle tecniche e le varietà tipologiche, suddivise per area di produzione e in base agli usi per i quali erano create.
Sono presenti, oltre a un’esemplificazione delle diverse tecniche di lavorazione, la produzione a soffiatura a mano libera o con l’uso di stampi, che portò all’abbattimento dei costi e alla vasta diffusione dei recipienti in questo seppur fragilissimo materiale.
Accanto alla produzione locale, uscita probabilmente dalle officine aquileiesi tra I e II d.C. (brocche, bottiglie, coppe, bicchieri e balsamari) sono esposte le richiestissime importazioni dall’Oriente mediterraneo. Alla fine del II secolo d.C., infatti, finita l’egemonia produttiva italica, si assistette alla progressiva ascesa delle officine delle province dell’impero romano, come per esempio quelle dell’area del Mediterraneo orientale, attive per tutto il III secolo.
Le tecniche del vetro antico
Vetro modellato su nucleo
La più antica tecnica di lavorazione del vetro, utilizzata già nel II millennio a.C., consisteva nel rivestire di vetro vischioso un supporto realizzato con un impasto poroso di argilla e materiale vegetale, il nucleo, che veniva successivamente sbriciolato e rimosso dal vaso raffreddato. La decorazione era ottenuta applicando filamenti di vetro di colorazione diversa e lavorandoli con uno strumento appuntito.
Vetro fuso ellenistico
03. Il progressivo incremento della padronanza nella lavorazione del vetro ha permesso di realizzare dei contenitori dal profilo a volte anche elaborato, fondendo dentro uno stampo una forma grezza e rifinendola accuratamente a freddo per abrasione.
Alcune delle forme più antiche presentano dei profili lineari essenziali, come le coppe emisferiche con solchi a mola. Le pissidi cilindriche, a volte provviste di coperchi elaborati, sembrano essere state una specialità artistica dell’isola di Cipro tra II e I sec. a.C.
Vetro fuso romano
04
La tecnica della fusione su forma con l’uso della rifinitura a mola a freddo venne utilizzata anche per le prime produzioni di età romana.
Un primo importante gruppo di oggetti è caratterizzato da colorazioni intenzionali in una gamma ristretta di tinte che comprendono il blu ed il verde, abbinate a vasi dal profilo molto geometrico di grande finezza, come il frammento di piatto cilindrico della prima metà del I sec. d.C.
Vetro a mosaico composito o “millefiori”
06. a-b-c
Questa tecnica prevede l’accostamento e la fusione su forma di sezioni di canne di vetro di colorazioni diverse e la rifinitura a mola del vaso ottenuto. è una tecnica di origine ellenistica che conobbe grande favore in età augustea ed altoimperiale con la fioritura di officine italiche che svilupparono uno stile decorativo particolarmente ricco e fantasioso.
La complessità delle fasi di lavorazione permetteva di ottenere esclusivamente forme aperte, coppe e piatti, o dal profilo semplice, come la pisside cilindrica.
Vetro a mosaico a nastri accostati
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Questa tecnica di lavorazione, simile a quella a mosaico composito, prevede l’accostamento di lunghi spezzoni di canna di vetro, disposti a fasce parallele o per quadranti ed eventualmente alternati a sezioni di canna. Vi è un largo uso di elementi lavorati “a reticella”, spesso utilizzati da soli per ottenere vasi che sembrano trine.
L’effetto coloristico è estremamente vivace e variegato, tipica espressione delle officine vetrarie italiche della prima metà del I sec. d.C.
Vetro soffiato
08
Le prime testimonianze note sulla sperimentazione della tecnica della soffiatura provengono da Gerusalemme e risalgono alla prima metà del I sec. a.C.
Questo tipo di lavorazione permise di ridurre i costi ed accelerare il ritmo di produzione, portando in breve tempo il vasellame in vetro nelle case di tutti i ceti sociali.
Anche i centri di produzione si moltiplicarono e già dall’inizio del I sec. d.C. unguentari e vasellame da mensa venivano soffiati anche in officine occidentali tra le quali Aquileia.
Vetro soffiato a stampo
09 a-b
La possibilità di soffiare il vetro all’interno di matrici composte da due o più valve, permetteva di ottenere vasi configurati in forme complesse. Anche questa tecnica di lavorazione venne scoperta nella regione siro-palestinese, più probabilmente nell’area di Sidone, e poi diffusa in tutto il mondo antico.
Il più famoso dei maestri vetrai specializzati in questa tecnica fu probabilmente Ennion, i cui prodotti, specialmente le coppe, conobbero un’ampia diffusione all’inizio del I sec. d.C.
Alcune forme, come le bottiglie a forma di cedro o il balsamario a forma di dattero, tradiscono l’origine orientale, mentre le bottiglie a forma di testa, anche doppia, e i più comuni contenitori a ventre prismatico vennero prodotti in diverse regioni dell’impero.
Vetro a intarsio
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Si tratta di una raffinata tecnica di lavorazione egiziana, di difficile inquadramento cronologico, forse tardo ellenistica o primoimperiale.
Essa combinava la lavorazione a mosaico alla fusione a intarsio su un vetro di fondo.
Vennero prodotte quasi esclusivamente coppe, tutte accomunate dalla decorazione raffigurante prevalentemente scene nilotiche con una ricca campitura di fiori, tralci e boccioli alternati spesso a uccelli acquatici.
Vetro cammeo
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La lavorazione a cammeo venne impiegata nei primi decenni del I sec. d.C. per realizzare vasi di grande pregio, sia vasellame da banchetto sia contenitori per sostanze aromatiche, con decorazioni di tema mitologico, spesso ispirate all’ambiente dionisiaco.
Il manufatto grezzo, realizzato con due strati di vetro sovrapposti, veniva intagliato e rifinito a freddo per ottenere la caratteristica decorazione a rilievo.
Decorazione applicata e a spruzzo
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La diffusione della lavorazione a soffio comportò anche l’avvio di una grande varietà dal punto di vista della decorazione e dell’abbinamento dei colori, sempre preferibilmente molto accesi nelle produzioni altoimperiali.
Tra le tecniche decorative di maggiore successo vi è l’applicazione di granuli di vetro di colorazione contrastante sulle pareti ancora calde di brocche e coppe.
Le applicazioni potevano quindi essere appiattite sulla superficie, come nel caso dei frammenti di carchesium (una speciale coppa su piede), o lasciate sporgere come granuli più o meno grandi, come nel frammento di coppa cilindrica.
Vetro a nastri d’oro
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La decorazione cosiddetta “ad impronta d’argento”, invece, spesso combinata ad una decorazione a foglia d’oro (quasi completamente perduta nel frammento di coppa), è un esempio di estrema ricercatezza e grande capacità tecnica di artigiani di tradizione bizantina. Venne usata tra IX e X sec. d.C. in produzioni di area anatolica, applicata a vasi e a bracciali.
Vetro in cosmesi e in farmacopea
15 a-b
Le riconosciute ed apprezzate qualità del vetro (inodore, impermeabile, igienico e trasparente) ne fecero già in antichità uno dei materiali più utilizzati per la produzione dei contenitori per sostanze aromatiche o farmaceutiche.
Speciali vasi in vetro venivano utilizzati nelle fasi di preparazione per dosare con precisione gli ingredienti dei composti, mentre piccoli unguentari fungevano da contenitori per lo smercio al dettaglio, ed in qualche caso anche per la commercializzazione a lunga distanza, dei pregiati preparati.
I bastoncini in vetro potevano fungere da estrattori/applicatori di tali sostanze, anche se più recenti teorie vedono in alcune tipologie di essi degli elementi destinati al solo mondo funerario, come allusione ad attrezzi utilizzati in vita per le attività di filatura.
Vasellame da mensa altoimperiale
I - metà III sec. d.C.
16 a-d
Il vasellame da mensa dei primi secoli dell’impero presenta una grande varietà di forme, tecniche di lavorazione e colorazione.
Il vetro come materiale, almeno fino alla metà circa del I sec. d.C. è ancora un materiale di lusso a disposizione di una fascia ristretta della società. Le forme attestate sono in gran parte destinate al consumo di bevande ed anche i contenitori da trasporto possono trovare un loro uso secondario sulla tavola quotidiana.
Vasellame da mensa tardoimperiale
Metà III - V sec. d.C.
17 a-e
Dalla fine del III sec. d.C. il vetro di uso comune, a causa della sostituzione per esigenze di mercato di alcuni ingredienti, cambia colorazione e all’azzurro e al verde chiaro che caratterizzavano le produzioni più antiche subentrano le tinte verdastra e giallognola che denotano la produzione tardo imperiale.
Anche la lavorazione in molti casi è sempre meno accurata, gli orli sono frequentemente non rifiniti.
Tra le forme in uso continuano a prevalere i vasi destinati ai liquidi, bicchieri, coppe e bottiglie, ma si trovano anche piatti da portata di grandi dimensioni.
Balsamari e contenitori per unguenti
Il vetro è stato da sempre un materiale molto indicato per realizzare contenitori per unguenti e profumi di cui non alterava l’odore.
Nella maggior parte dei casi i balsamari erano destinati allo smercio al dettaglio del prodotto, quindi semplici contenitori per quantità limitate realizzati in gran numero in officine sempre più diffuse sul territorio.
Ad Aquileia aveva sede una delle produzioni più antiche, dell’inizio del I sec. d.C., caratterizzata da vivaci colorazioni e vetro molto sottile. Le produzioni successive, più correnti, presentano un progressivo allungamento del collo, associato anche ad un cambiamento della forma e della capacità del vaso.
Produzioni orientali
19 a-g
Il vetro è stato da sempre un materiale molto indicato per realizzare contenitori per unguenti e profumi di cui non alterava l’odore.
Nella maggior parte dei casi i balsamari erano destinati allo smercio al dettaglio del prodotto, quindi semplici contenitori per quantità limitate realizzati in gran numero in officine sempre più diffuse sul territorio.
Ad Aquileia aveva sede una delle produzioni più antiche, dell’inizio del I sec. d.C., caratterizzata da vivaci colorazioni e vetro molto sottile. Le produzioni successive, più correnti, presentano un progressivo allungamento del collo, associato anche ad un cambiamento della forma e della capacità del vaso.
Vetro altomedievale
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Un calice con decorazione a filamento in colore contrastante e due basse coppe con decorazione a filamento a rombi, in un caso associata all’inserzione di un elemento a reticella, segnano il passaggio tra la tarda antichità e l’alto medioevo. Si tratta di oggetti forse di origine orientale databili tra VII e IX sec. d.C.