Le prime raccolte pre-protostoriche del Museo Civico di Antichità (1873) non erano molto ricche, perché all’epoca lo studio della paletnologia stava muovendo i primi passi in ambito locale e in Europa.
Una svolta decisiva alla ricerca paletnologica nella Venezia Giulia venne impressa da Carlo Marchesetti (Trieste, 1850-1926). Studioso di formazione scientifico-naturalistica, direttore del Civico Museo di Storia Naturale di Trieste dal 1876 al 1921, Marchesetti nel 1883 iniziò le proprie ricerche di archeologia preistorica e protostorica, occupandosi dei castellieri dell’età del bronzo e del ferro e delle necropoli del I millennio a.C. I materiali paletnologici da lui raccolti e depositati al Museo di Storia Naturale vennero per volontà di Marchesetti destinati ad arricchire le collezioni del Civico Museo di Storia ed Arte (1925) nella nuova sede accanto all’Orto Lapidario in via della Cattedrale 15, dove furono esposti per la prima volta nel 1932.
L’allestimento attuale delle Sale della preistoria e quelle dedicate alla protostoria è avvenuto in seguito alla Mostra sulla Preistoria del Caput Adriae, organizzata a Trieste nel 1983 dai Civici Musei di Storia ed Arte in collaborazione con altri enti e istituti.
A fini didattici, per ricostruire il contesto materiale e stratigrafico-culturale dei reperti e rendere l’esposizione meglio comprensibile, vengono utilizzati pannelli illustrativi su periodi e siti, oltre a disegni ricostruttivi per reperti frammentari e incompleti e immagini di abitati e necropoli pre-protostorici.
Sala espositiva di Preistoria
La sequenza cronologico-culturale della preistoria, definizione con cui si intende un intervallo di tempo molto lungo della storia dell’uomo che va dal Paleolitico alla fine del Neolitico, ossia in ambito regionale da 800-500.000 anni a 3.000-2.500 anni a.C. circa, viene presentata non per complessi, ma diacronicamente con materiali da scavi Marchesetti e integrazioni con reperti in deposito temporaneo da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici.
Paleolitico
Il Paleolitico medio (80-35 mila anni fa) è esemplificato dai materiali provenienti dalla Grotta Pocala di Aurisina: una cavità che testimonia una presenza sporadica dell’uomo, durante brevi battute di caccia, e ha restituito pochi strumenti in pietra scheggiata (raschiatoi) e in osso, ma soprattutto resti di orsi delle caverne (Ursus Spelaeus), grandi plantigradi che la utilizzarono a lungo come tana per il letargo (uno scheletro intero è stato ricostruito presso il Museo Civico di Storia Naturale).
Mesolitico
Il sito più importante del periodo successivo all’ultima glaciazione, detto Mesolitico (8-5 mila a.C.), è la Grotta Azzurra di Samatorza: gli scavi hanno dimostrato il mutamento delle condizioni climatiche ed il conseguente cambiamento dello sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’uomo, divenuto più intensivo, caratteristico in stanziamenti stagionali o semi permanenti. Il materiale in selce è costituito da strumenti di forma geometrica microlitici: grattatoi, trapezi, punte a dorso di piccole dimensioni (proporzionate alla taglia degli animali da cacciare).
Neolitico e Eneolitico
Il Neolitico e l’Eneolitico (5-2 mila a.C.) vedono un altro importante cambiamento nella vita dell’uomo che passa a un’economia produttiva, incentrata sulla coltivazione e l’allevamento del bestiame, fatto che determina l’instaurarsi della sedentarietà in piccoli gruppi, la creazione di contenitori in ceramica e l’uso della pietra levigata. Sul Carso sono documentate molte presenze nelle grotte come quella dell’Orso di Gabrovizza, della Tartaruga di Borgo Grotta Gigante, delle Gallerie di San Dorligo della Valle e infine la Grotta del Mitreo di Duino.
Caratteristici di questi periodi, rinvenuti nella Grotta dell’Orso, sono i frammenti di cucchiai, piatti e ollette in ceramica, con piccole prese a bugna e anche con ansa a nastro, accette e macine in pietra levigata e le punte di lancia a ritocco foliato bifacciale in selce.
Sala dell’età del Bronzo
I Castellieri
La protostoria – termine con cui si indicano le età dei metalli dal III millennio a.C. fino alla romanizzazione (II – I a.C.) – è rappresentata da una ricca serie di complessi archeologici (sono esposti più di 1.500 oggetti), che consentono di approfondire due tematiche molto importanti della nostra regione: quella relativa ai castellieri, abitati fortificati con mura a secco che costituiscono l’aspetto insediativo più tipico dell’area carsica dalla metà del II alla metà del I millennio a.C. circa, e quella delle usanze funebri.
Le vetrine presentano i reperti più significativi rinvenuti da Marchesetti nei castellieri del Carso triestino, dell’Istria e dall’Isontino, dall’età del bronzo medio e recente (XVI – XIII a.C.) fino alla prima fase dell’età del ferro (XIII – fino al IX-VIII a.C. ca.).
Le vetrine sono suddivise per siti:
- Castellieri del Carso triestino e istriano
- Necropoli di Brežec di San Canziano / Škocjan
- Grotta delle Mosche e Grotta delle Ossa di San Canziano / Škocjan
- Necropoli dei castellieri dei Pizzughi, presso Parenzo / Poreč in istria
- Necropoli di Redipuglia
- Necropoli di Caporetto / Kobarid
Approfondimenti
CASTELLIERI DEL CARSO TRIESTINO E ISTRIANO
Sono documentati alcuni castellieri del Carso triestino (Monte Grisa, Montebello e Cattinara) e istriano (Castelvenere / Kaštel e Pollanza, isola di Lussino / Lošinj).
Il materiale proveniente dagli scavi dei castellieri è composto da ceramica con decorazioni a motivi geometrici, ottenuti mediante solcature o a cordicella. I vasi, a causa del loro uso intensivo e prolungato, sono in frammenti, a differenza di quelli, pressoché intatti, ritrovati nelle tombe.
NECROPOLI DI BREŽEC DI SAN CANZIANO / ŠKOCJAN
Nella necropoli di Brežec di San Canziano / Škocjan, Marchesetti in tre campagne di scavo (dal 1896 al 1900) portò alla luce 325 tombe ad incinerazione, maschili e femminili, che vanno dal tardo bronzo finale alla fase evoluta dell’età del ferro. Erano costituite da semplici pozzetti in cui venivano deposte le ceneri e il corredo metallico, in genere prive di un ossuario in ceramica e coperte da lastre calcaree o di arenaria. Alla fase media della necropoli appartengono alcune tombe più ricche, con corredi maschili di armi bronzee, come la sepoltura di guerriero con spada a manico pieno piegata ritualmente e coltello a codolo (VIII sec. a.C.).
GROTTA DELLE MOSCHE E GROTTA DELLE OSSA DI SAN CANZIANO / ŠKOCJAN
Di particolare importanza sono i reperti rinvenuti nella Grotta delle Mosche e nella Grotta delle Ossa di San Canziano / Škocjan.
Nella Grotta delle Mosche a 50 m ca. di profondità furono rinvenuti più di 500 oggetti di bronzo, interi o frammentari, con tracce d’uso, di fusione e deformazioni da fuoco; tra essi prevalgono le armi (220 oggetti), quali cuspidi di lancia e di giavellotto, puntali, asce ad alette e a cannone, spade, elmi, oltre a recipienti in lamina bronzea, utensili, coltelli, oggetti d’ornamento ed elementi connessi alla lavorazione del bronzo quali placche per il restauro dei recipienti, pani di rame e scorie di fusione.
Nella Grotta delle Ossa di San Canziano / Škocjan, in un deposito sconvolto da precedenti scavi, Szombathy e Savini rinvennero resti di sepolture ad inumazione, una delle quali con corredo costituito da una situla di bronzo con iscrizione venetica incisa sull’orlo (o s t i i a r e i), una fibula “Certosa” e altri oggetti d’ornamento (fine V – inizio IV a.C.), oltre a un’enorme quantità di resti ossei di animali domestici e selvatici precipitati o sacrificati nella grotta e a oggetti di contesto dubbio. Il deposito è interpretabile quale grotta votiva utilizzata poi come grotta sepolcrale.
Da un successivo riuso della Grotta delle Ossa, come sepoltura con corredo, proviene la situla di bronzo con un’iscrizione dedicatoria sull’orlo, “ostiiarei”: importante documentazione in lingua venetica della fine del V – inizi IV sec. a.C.
NECROPOLI DEI CASTELLIERI DEI PIZZUGHI, PRESSO PARENZO / POREČ IN ISTRIA
Viene poi illustrata la necropoli del castelliere mediano dei Pizzughi, presso Parenzo/ Poreč in Istria, dove Carlo Marchesetti indagò tra il 1901 e il 1913 scoprendo 302 tombe ad incinerazione databili tra l’XI e il V sec. a.C., il cui materiale è in parte ancora in fase di studio e di restauro. Tra gli oggetti esposti (una ventina) di notevole interesse cinque urne databili all’XI-IX secolo a.C.; altre cinque urne del IX-VIII secolo a.C. con decorazione geometrica e lineare incisa; tre olle con decorazione a meandri e animali stilizzati, anche riempite di pasta chiara, dell’VIII secolo a.C. e una decorata a spirali plastiche applicate dello stesso periodo; due tazze decorate a pettine e incisioni dell’VIII secolo a.C.; in bronzo una situla liscia e una decorata a sbalzo con motivi a spirali correnti e a cerchielli del VII sec. a.C.; completano i corredi frammenti di cintura e spilloni in bronzo e ferro e un pendaglio a pettine di bronzo con decorazione a cerchielli impressi del VI sec. a.C.
NECROPOLI DI REDIPUGLIA
Le necropoli del margine orientale della pianura friulana sono rappresentate dalla necropoli di Redipuglia dove Marchesetti nel 1901 scavò complessivamente un’ottantina di tombe, quasi tutte ad incinerazione, in ossuario oppure deposte direttamente nella terra, con corredi di bronzo (spilloni, fibule, braccialetti, anelli ed altri oggetti d’uso e d’ornamento), ma anche di terracotta (vasi a calice, scodelle, fusaiole) databili dall’VIII al IV sec. a.C.
NECROPOLI DI CAPORETTO / KOBARID
Della necropoli di Caporetto / Kobarid (scavi Marchesetti 1886 – 1904), dove furono rinvenute 1.110 tombe, sono esposti una trentina di oggetti che attestano la continuità d’uso della necropoli dall’VIII al V secolo a.C., e una frequentazione fino al periodo La Téne e all’epoca romana.
Sala dell’età del Ferro
Necropoli di Santa Lucia di Tolmino / Most Na Soči
La sala è dedicata interamente alla necropoli di S. Lucia di Tolmino / Most na Soči (ora in Slovenia), la più vasta e importante dell’alto Isonzo, in cui furono portate alla luce dagli scavi oltre 6.500 tombe a incinerazione, con sepolture a pozzetto ricoperto da lastra litica, a cassetta o in vaso-tomba.
Carlo Marchesetti in 20 anni di ricerche (dal 1884 al 1902) scavò 3.960 tombe i cui corredi sono attualmente conservati in questo Museo, e nel 1893 ne pubblicò 2.950 relative agli scavi dal 1885 al 1892, mentre le tombe rinvenute dal 1893 al 1902 sono in attesa di pubblicazione.
Quello di Santa Lucia si configura come il più grande abitato del gruppo culturale halstattiano delle Alpi sudorientali e i suoi reperti sono molto interessanti per l’enorme quantità di dati che offrono sulle fasi centrali dell’età del ferro (VII – IV sec. a.C.) e per la possibilità di proporre una ricostruzione dei costumi tipici nelle varie fasi d’uso della necropoli, differenziati per sesso e per età. Su questa base è stata esaminata la
distribuzione topografica delle sepolture, alcune delle quali sono state attribuite a personaggi preminenti sul piano sociale o a raggruppamenti legati da vincoli di parentela. L’esposizione, corredata da alcuni pannelli esplicativi, presenta una scelta di oggetti (in totale 200 ca.) che rivestono un notevole interesse storicoartistico.
I reperti della Necropoli
Le tombe, quasi tutte a incinerazione, erano a pozzetto (buche coperte da pietre) destinate a singoli individui i cui resti e il corredo erano direttamente deposti in terra o, tra VI e V sec., in vasi-tomba (doli in ceramica o grandi situle in bronzo).
I corredi comprendevano vasellame in ceramica, bronzo e pasta vitrea, oggetti d’ornamento personale e dell’abbigliamento, più raramente armi e utensili. In base alla ricchezza di alcune sepolture è possibile riconoscere una società suddivisa in classi, con un ceto dominante a carattere aristocratico, inquadrabile tra
VIII e IV sec. a.C.
I corredi femminili (fibule, collari o torques, bracciali, orecchini e anelli, più o meno numerosi), maschili (spilloni e fibbie di cinture) e infantili (collari e braccialetti) permettono di ricostruire molti aspetti dell’abbigliamento e della cultura di una comunità benestante ed evoluta, dedita al commercio, che aveva frequenti contatti con le grandi civiltà del Mediterraneo e del centro Europa.
La fibula è l’elemento caratterizzante del costume che presenta maggiori differenze tipologiche. Avendo subito incessanti modifiche formali nel tempo, costituisce una guida per la datazione delle tombe: ad arco, a occhiali, semilunata, a disco doppio, serpeggiante (VI sec.), e del tipo Santa Lucia (VI-V sec. a.C.), il cui arco era usato per sospendere pendagli decorativi o piccoli oggetti d’uso, come pinzette. Le tombe più recenti contenevano fibule Certosa (V-IV sec. a.C.).
Sala della seconda età del Ferro
La sala è dedicata alla II età del ferro fino alla romanizzazione.
Le vetrine sono suddivise per siti:
- Necropoli “celtica” di San Canziano / Škocjan
- Necropoli di Reka
- Necropoli di Ponikve presso San Canziano / Škocjan
- Necropoli protostorica di San Servolo / Socerb
- Voragine di Povir, presso Sesana / Sežana
- Tesoretto di San Canziano / Škocjan
- Armi e bardature
Approfondimenti
NECROPOLI “CELTICA” DI SAN CANZIANO / ŠKOCJAN
Alcuni corredi della fase tarda della necropoli hanno restituito due torques attorti a nodi e una spada in ferro con fodero.
NECROPOLI DI REKA
Dai corredi con materiali attribuibili al I sec. a.C.: un umbone di scudo in ferro, una spada di ferro piegata ritualmente, 5 fibule tipo medio La Tène in argento, 2 torques d’argento, ecc.
NECROPOLI DI PONIKVE PRESSO SAN CANZIANO / ŠKOCJAN
Sono esposti i corredi di 5 tombe della seconda età del ferro o cultura di La Tène della necropoli “celtica”.
Carlo Marchesetti negli scavi lì condotti nel 1903-1905 individuò 92 tombe a cremazione, formate da semplici buche coperte da una lastra di calcare o con urna in ceramica, che ritenne pertinenti ad un “cimitero gallico”. La necropoli venne utilizzata già in una fase più antica, databile dal X al VI sec. a.C. Dopo un periodo di interruzione, le sepolture ripresero nel IV sec. a.C. e continuarono fino alla romanizzazione, senza alcuna differenza strutturale.
Il corredo più antico è quello della tomba Cq 18, databile alla metà del IV sec. a.C., con una fibula del tipo Certosa tardo che presenta tracce di restauro antico.
Il torques a nodi (tombe Cq 3, 14, 41) – collare costituito da due o tre fili di verga bronzea attorcigliati, con tre nodi interposti ed estremità a cappio – è un elemento lateniano di tipo autoctono caratteristico della necropoli di Ponikve tra la fine del III e il II secolo a.C. Documentato in tutta l’area nord-orientale e nella Carniola interna, mostra spesso tracce evidenti di frattura o piegatura rituale.
Nella tomba Cq 17 il bicchiere carenato a profilo concavo è assimilabile a tipi tardo lateniani diffusi nelle province romanizzate.
La fase della romanizzazione è documentata dagli oggetti di corredo di alcune tombe, ad esempio l’anello digitale romano del tipo “a sigillo” rinvenuto presso la tomba Cq 14.
La necropoli può essere attribuita a popolazioni qui stanziate almeno dalla fine dell’età del bronzo (XI sec. a.C.), che nella seconda fase dell’età del ferro assimilarono ed elaborarono elementi lateniani.
NECROPOLI PROTOSTORICA DI SAN SERVOLO / SOCERB
Completa il percorso della seconda età del ferro il materiale rinvenuto nella necropoli preromana di San Servolo / Socerb (ora in Slovenia, sul confine italiano), sito dominante la valle delle Noghere, riconosciuto come uno dei più importanti e facilmente difendibili castellieri, abitato fino al momento della fondazione da parte di Giulio Cesare della colonia di Tergeste, alla metà del I sec. a.C.
Connessa con il castelliere, la necropoli preromana, rinvenuta nel 1902 da Karl Moser sul declivio del colle, ha restituito inizialmente 82 tombe (altre 29 negli anni successivi) con urne in ceramica grezza (non conservate) e oggetti in bronzo e ferro.
Gli elementi del corredo in bronzo (fibule, orecchini, collari, bracciali, anelli e altri ornamenti e pendenti) e le armi in ferro offrono uno spaccato delle usanze funerarie e rituali delle popolazioni locali dalla fine del VI al I sec. a.C., dimostrando una stretta affinità con la Carniola interna e con l’Istria, e influssi celtici a partire almeno dal III sec. a.C.
VORAGINE DI POVIR, PRESSO SESANA / SEŽANA
In una voragine profonda una quarantina di metri vicino al castelliere di Povir si rinvenne casualmente nel 1895 uno scheletro umano che portava alcuni monili di bronzo. Secondo Marchesetti, medico e antropologo oltre che studioso di paletnologia, si trattava di un giovane di circa vent’anni. Sullo scheletro furono rinvenuti un torques (collana a collare) di bronzo con pendaglio a doppia spirale e una fibula La Tène di tipo “Castua” che sono databili tra il III e il II secolo a.C. È presumibile che il giovane non sia precipitato casualmente, ma sacrificato, secondo rituali documentati in questo periodo in area centro-europea.
TESORETTO DI SAN CANZIANO / ŠKOCJAN
Composto da 1.170 frammenti, di cui 497 ambre di vario colore e forma, spesso non rifinite, e una straordinaria quantità di oggetti in bronzo (anelli, bottoni, pendagli, bracciali, fibule, un torques liscio con pendaglio a doppia spirale), una cinquantina di perle in pasta vitrea e alcune fusaiole in osso, il tesoretto fu scoperto da un contadino del luogo nel 1908 sotto una grande lastra ai piedi del muro del castelliere, a circa un metro di profondità. Marchesetti lo interpretò come corredo di una famiglia ricca nascosto in un momento di pericolo, altri come deposito sacro o riserva dell’intera comunità e datato al IV sec. a.C.
ARMI E BARDATURE
La vetrina riunisce:
Due elmi tipo Negau
I due esemplari appartengono alla tipologia di elmi di bronzo di produzione etrusco-italica in uso nei secoli VII-IV a.C. che prendono il nome dalla cittadina slovena di Negau in cui nel 1811 furono rinvenuti molti esemplari, caratterizzati da una calotta emisferica orlata, sotto alla quale una parte concava precede un orlo più o meno accentuato a seconda dei modelli. L’evoluzione di questa tipologia di elmo, in Italia, vede svilupparsi la calotta verso l’alto, variando dunque da una forma tondeggiante ad una conica.
I due esemplari provengono da grotte carsiche: uno fu rinvenuto nel 1889 da Carlo Marchesetti nella voragine in cui precipita il fiume Timavo presso San Canziano / Škocjan, l’altro all’inizio del ‘900 nella Grotta dell’elmo di Monrupino. Sono databili al V-IV secolo a.C.
Elmo del tipo Buggenum
L’elmo, databile alla seconda metà del I sec. a.C., appartiene al tipo Buggenum, caratterizzato dalla calotta emisferica, diffuso nell’esercito romano presso gli ausiliari. Presenta due scritte incise con tecnica puntinata sulla faccia superiore del paranuca, che documentano i nomi dei due soldati che ne furono, in successione, i proprietari: il primo di origine adriatica, Gaio Tomio, e l’altro di probabile stirpe celtica, Marco Valerio Bacino o Bagino. Collegamento a scheda nel settore scrittura
FOTO
Disco bronzeo dal castelliere di San Canziano / Škocjan
Il motivo lavorato a giorno a forma di foglia d’edera si collega all’anello del disco mediante tre appendici arricciate. Si tratta di una fibbia facente parte di una cintura militare romana (cingulum) che reggeva spada e pugnale, portata dalle truppe ausiliarie dell’impero romano e databile alla metà del II sec. d.C. La decorazione è propria dell’artigianato tardo celtico, nel quale motivi fitomorfi e animali stilizzati componevano un astratto gioco di vuoti e pieni, che sopravvisse in età romana.
Bardatura di cavallo
Nella parte inferiore della vetrina che ospita gli elmi sono disposti i finimenti della bardatura di un cavallo la cui sepoltura, che comprendeva anche il morso in ferro e un pendente a bulla in bronzo, fu ritrovata nella necropoli di Santa Lucia di Tolmino, databile al V secolo a.C.