115-116. Il teatro romano
Il teatro romano di Tergeste venne portato alla luce dagli scavi solo nel 1937-1938, e seguirono il restauro e la sua valorizzazione. Viene riconosciuta una fase costruttiva iniziale alla fine del I secolo a.C., una prima ristrutturazione sotto Nerone e una seconda inquadrabile tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C. Quest’ultimo periodo ben si collega al ritratto (n. 116) al centro della sala, in cui si è voluto riconoscere il cavaliere tergestino Quinto Petronio Modesto. Egli è ricordato da una serie di iscrizioni (n. 118 e due in teatro) che, murate nel teatro, ricordavano come egli intervenne, con consistenti lavori, nella ristrutturazione dell’edificio nel 102-106 d.C.
115. Dedica della ristrutturazione del teatro da parte di Quintus Petronius Modestus
inv. 8508
Due frammenti di lastra in calcare l’uno rinvenuto nel 1725 nell’orto Capuano rifacendo i muri lungo la strada che conduce alla Cattedrale, l’altro recuperato dalla Cappella di San Carlo nella basilica di Aquileia.
98-102 d.C.
I.It., X, 4, 35
[Q(uintus) P]et[roniu]s C(ai) f(ilius) Pup(inia) M[odestu]s,
[p(rimus) p(ilus) bis leg(ionis) XII Ful]m(inatae) et leg(ionis) I Adiu[t]ri[c(is), trib(unus)] mil(itum)]
[coh(ortis) V vig(ilum), tr(ibunus) coh(ortis) X]II urb(anae), trib(unus) coh(ortis) V pr(aetoriae), p[ro]c(urator) D[ivi Nervae]
[et imp(eratoris) Caes(aris) Nervae T]raiani Au[g(usti) Germ(anici) provin]c(iae) Hi[spaniae Citer(ioris)]
[Asturiae et Callaeciarum, fl]amen divi [Claudi, dedit idemq]ue [dedicavit].
Quinto Petronio Modesto, figlio di Gaio, iscritto alla tribù Pupinia (= distretto di voto dei Tergestini), primopilo (= ufficiale) per la seconda volta della legione XII Fulminata e della legione I Adiutrice, tribuno (= ufficiale) della coorte V delle sentinelle notturne, tribuno della coorte XII urbana, tribuno della coorte V pretoria, procuratore del divo Nerva e dell’imperatore Cesare Nerva Traiano Augusto Germanico della provincia della Spagna Citeriore, dell’Asturia e dei Calleci, flamine (= sacerdote) del divo Claudio, diede (in dono) e nello stesso tempo dedicò.
L’iscrizione, di cui si conservano presso l’edificio del Teatro altre due copie, ricorda probabilmente una ristrutturazione del Teatro ad opera del primopilo (ufficiale) di legione Quinto Petronio Modesto. La carriera del cavaliere di origine tergestina (come ci indica il distretto di voto, la tribù Pupinia) fornisce un tipico esempio della scalata sociale ed economica che militari capaci potevano intraprendere per giungere al rango equestre: dalle cariche più basse nell’esercito (di solito taciute ricordando solo il primipilato e gli incarichi successivi) essi potevano giungere alle prestigiose procuratele ducenarie (cioè con uno stipendio annuo di duecentomila sesterzi).
Il busto raffigura un uomo di mezza età con corazza decorata da gorgoneion (volto di Medusa) e paludamentum (mantello) trattenuto sulla spalla sinistra da un fermaglio rotondo con rosetta schiacciata. Il retro non è lavorato. Si tratta certamente di un alto ufficiale, tradizionalmente identificato con il primopilo Quinto Petronio Modesto ricordato da tre epigrafi rinvenute nel Teatro (vedi iscrizione n. 115).
VOCE DAL PASSATO N. 7
Ascoltiamo Petronio Modesto
117-127. La spettacolare serie delle statue
Durante lo scavo del Teatro Romano è stato rinvenuto un eccezionale materiale scultoreo, che decorava il fronte della scena monumentale. Questa, ora crollata, era costruita in mattoni e decorata da colonne e nicchie in cui erano inserite le statue di divinità in marmo lavorate a tutto tondo.
Le statue riprendono modelli noti e molto diffusi nel mondo antico, i cui originali risalgono al IV secolo a.C., e sono opera di copisti operanti forse ad Aquileia.
Raffigurano, da sinistra: il dio della medicina Esculapio (n. 122); la dea della salute Igea (n. 121); la dea della saggezza e dell’eloquenza Minerva (n. 120); il dio della musica Apollo (n. 119); il dio Bacco, protettore degli attori (n. 118); e la dea della bellezza Venere (n. 117).
Di fronte sono esposte la statua distesa di un Sileno ebbro (n. 125), da una fontana, e una di un Giovinetto (n. 126), che dovevano abbellire il lato frontale del palcoscenico, dal quale provengono anche alcuni frammenti delle lastre di rivestimento in marmo rosso decorate con volute vegetali popolate da uccelli (n. 127).
Della statua femminile sopravvive solo la testa con acconciatura a bande laterali trattenuta da due tenie (bende) e la mano sinistra con panneggio e un vaso. Quanto è conservato è sufficiente per riconoscervi l’Afrodite Cnidia, la celebre e copiatissima opera di Prassitele (IV sec. a.C.). La dea è raffigurata nuda in procinto di fare il bagno mentre con la mano sinistra sorregge un manto in parte adagiato su un’idria (vaso per l’acqua).
VOCE DAL PASSATO N. 8
Ascoltiamo le statue del teatro
La statua, priva della testa, con braccio destro poggiante su pilastrino, raffigura un giovane stante completamente nudo. Sebbene non sia identificabile l’oggetto tenuto nella mano destra – forse un arco, un tirso (un’asta con pampini e edera attorcigliati) o una patera (piatto sacrificale) – è probabile che si tratti di Apollo, il dio della bellezza e dell’armonia.
La statua a tutto tondo, priva della testa e del braccio destro (originariamente lavorati a parte), raffigura una dea vestita di lungo chitone con l’himation (mantello) arrotolato e trattenuto sul petto. Sul petto si intravede anche l’egida (la corazza) a piccole squame ornata di serpentelli. I confronti consentono di identificare la figura con Atena / Minerva, la dea della guerra e delle arti.
La statua, priva della testa, di un braccio e dell’avambraccio, ritrae la dea vestita di un leggero chitone, fermato sulla spalla destra da tre piccole fibule (spille) rotonde con l’himation (mantello) arrotolato e trattenuto sul petto. Dalla spalla sinistra scende un grosso serpente, il cui capo era rivolto verso la mano destra della dea che reggeva una patera (piatto sacrificale). Questi elementi ci consentono di riconoscere nella divinità Igea, la dea della salute, paredra (compagna) di Esculapio.
La statua, priva del braccio destro, è raffigurata avvolta da l’himation (mantello) che scende fino alle caviglie. Due tipici attributi di questa figura barbuta, l’ omphalos (l’uovo primordiale) e il bastone su cui si avvolge il serpente, ci consentono di identificarlo con Esculapio, il dio medico e patrono della medicina.
Si conservano il plinto con un piede e il sostegno della statua costituito da un grosso tronco di palma inclinato, dotato di squame nella parte inferiore e superiormente di foglie. Le caratteristiche del frammento consentono di attribuirlo alla statua loricata (con armatura) di un ufficiale, o più probabilmente, di un imperatore di dimensioni superiori al naturale.
La testa, di grandezza di poco superiore al naturale, era probabilmente inserita in una statua loricata (con armatura). Il volto rappresenta un uomo piuttosto giovane con folta capigliatura cinta da una corona di foglie di quercia (riconoscimento usuale a partire da una certa epoca per gli imperatori). I confronti iconografici inducono a interpretare il ritratto come quello dell’imperatore Tito (79-81 d.C.) per il quale Quinto Petronio Modesto combatté con il grado di ufficiale nella campagna giudaica (66-70 d.C.).
È probabile che originariamente la testa, poi sottoposta a rilavorazione, ritraesse un altro imperatore, forse Nerone (54-68 d.C.).
125. Statua di Sileno
inv. 3138
Statua in marmo rinvenuta negli scavi del 1938 del Teatro.
Fine I sec. d.C.
La statua, priva di testa, di parte dell’avambraccio e della mano destra, è raffigurata distesa sul fianco sinistro su un giaciglio formato da una pelle di pantera allargata sopra uno spuntone roccioso. Il braccio sinistro poggia, come fosse un cuscino, su un otre. In corrispondenza del collo dell’otre è visibile il foro per una conduttura idrica. Da ciò si deduce che la statua, probabilmente collocata entro una nicchia, era un elemento di fontana, anche se la mancanza di vistose incrostazioni ne fa supporre un uso piuttosto limitato nel tempo. Le caratteristiche della figura, che ritrae un uomo di età piuttosto avanzata, consentono di riconoscervi un Sileno, un essere mitico che insieme al Satiro era collegato al culto di Dioniso.
La decorazione presenta motivi di carattere vegetale, quali rosette e foglie con andamento curvilineo, “popolati” però da animali. Infatti in un frammento, che doveva costituire parte del bordo superiore del rilievo (come rivelano le tracce di cornice), si distinguono le penne del petto, il collo reso da sottili piume e parte della testa con occhio di profilo di un uccello selvatico (forse una pernice).
Le lastre a rilievo facevano parte della decorazione del pulpitum (proscenio), sebbene sia difficile stabilire la loro esatta collocazione entro nicchie o nella parte piana del muro.