1, 2. Il territorio di Tergeste
Il percorso di visita inizia alla base delle scale, prima di entrare nella sala A, dove viene presentato brevemente il territorio di Tergeste; qui sono due lapidi molto importanti.
Il territorio di Tergeste era ben più ampio di quello odierno, comprendendo tutta la fascia costiera da Sistiana al fiume Quieto, un’ampia zona dell’altipiano carsico e l’Istria interna, oggi slovena.
La costa offrì soddisfacenti prospettive di sfruttamento intensivo alle genti italiche che, arrivate in questi territori intorno alla metà del I secolo a.C., si erano distribuite le particelle della centuriazione della primitiva colonia romana: venne sviluppata la viticultura e vennero impiantate diverse attività produttive. Si affermarono l’olivicoltura e l’allevamento di ovini e caprini, così come non mancò lo sfruttamento del mare.
Soprattutto fu allora intensificata la naturale funzione di centro nodale del commercio tra Mediterraneo ed entroterra continentale.
1. Ripristino del progetto della strada dei Rundictes
inv. 13621
Lastra in calcare rinvenuta nelle vicinanze di Matteria / Materjia (SLO) presso la strada Tergeste – Tarsatica [località a est di Fiume / Rijeka (HR)], nei pressi della stazione doganale ad Malum tra l’Italia e la Dalmatia.
39-43 d.C.
I.It., X, 4, 376
[H]anc viam derectam
per Atium centurion(em) post
sententiam dictam ab A(ulo) Plautio,
legato Ti(beri) Claudi Caesaris Aug(usti)
Germ(anici), et postea translatam a
Rundictibus in fines C(ai) Laecani
Bassi restituit iussu Ti(beri) Claudi
Caesaris Aug(usti) Germ(anici) imperatoris
L(ucius) Rufellius Severus primipilaris.
Questa via, progettata dal centurione Attio, in seguito alla sentenza pronunciata da Aulo Plauzio, legato (= governatore della Pannonia) dell’imperatore Tiberio Claudio Augusto Germanico, e dopo che (era stata modificata e) deviata dai territori dei Rundictes alle terre di Gaio Laecanio Basso, il primo pilo (ufficiale di legione) Lucio Rufellio Severo ripristinò nel primo tracciato in base all’ordine dell’imperatore Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico.
L’iscrizione ricorda il ripristino del progetto di costruzione di una strada passante nel territorio dei Rundictes, una popolazione indigena il cui nome ha lasciato traccia nel toponimo italiano Roditti, vicino a Matteria. Dal testo si comprende che il senatore Gaio Lecanio Basso, grande possidente terriero in Istria, probabilmente grazie alle sue conoscenze altolocate, riuscì a far approvare una variante in base alla quale la strada sarebbe passata nelle sue terre, facilitando così la commercializzazione dei prodotti agricoli dei suoi latifondi. I Rundictes non si fermarono però di fronte a questo sopruso e ricorsero direttamente all’imperatore Claudio il quale, riconosciuta la legittimità della protesta, ripristinò il primo tracciato previsto grazie all’intervento dell’ufficiale Lucio Rufellio Severo.
2. Dedica sacra all’imperatore Augusto
inv. 13553
Dado di base di statua pedestre in calcare con la faccia laterale destra decorata dal lituus (il bastone ricurvo) dell’augure. L’iscrizione fu a lungo conservata nella chiesa di San Canziano del Carso / Skocjan (SLO).
14 d.C.
I.It., X, 4, 337
[I]mp(eratori) Caesari
Divi f(ilio) Augusto,
pontif(ici) maxim(o),
trib(unicia) potest(ate) XXXVII,
co(n)s(uli) XIII, p(atri) p(atriae), sacrum.
Consacrato all’imperatore Cesare Augusto, figlio del Divo (= Cesare), pontefice massimo, durante la ventisettesima potestà tribunicia, console per la tredicesima volta, padre della patria.
Il luogo di conservazione della base, che probabilmente sorreggeva una statua di Augusto nelle vesti di augure (sacerdote che interpretava il volo degli uccelli e altri fenomeni per conoscere la volontà degli dei), non consente di sapere se in origine il monumento fosse collocato proprio a San Canziano in quanto luogo sacro e significativo (qui si trova lo spartiacque geografico tra il Mediterraneo e il Mar Nero e qui il fiume Timavo si inabissa nel sottosuolo), oppure se la base provenga da una villa vicina o, meno probabilmente, da Tergeste.
Sala A: La città
La Sala A comprende alcuni dei monumenti onorari più noti e dalle dimensioni considerevoli che provengono dall’area in cima al colle di San Giusto, dove allora erano i principali edifici religiosi, come ad esempio il tempio dedicato alla Triade Capitolina, e amministrativi, come il foro e la basilica civile o tribunale.
L’abitato, con strade ad andamento ortogonale (denominate cardi e decumani), si disponeva sul versante del colle rivolto al mare, estendendosi fino alle strutture portuali; qui, lungo la spiaggia, era sorto il teatro.
Nel complesso si trattava di una ristretta area di forma irregolare, una città di servizi, in cui prevalevano gli edifici di carattere pubblico: punto di aggregazione amministrativo, economico e religioso di una popolazione residente per lo più in villaggi e ville sparsi sul territorio.
Trieste oggi e in epoca romana
3, 4. Le mura e le porte
Le più antiche iscrizioni di Tergeste conservatesi fino ad oggi sono quelle che erano affisse presso le porte cittadine e ricordano la costruzione delle mura e delle torri. Queste erano state fatte erigere da Ottaviano, che sarebbe diventato il primo imperatore romano con il nome di Augusto. Egli nel 33-32 a.C. era venuto con l’esercito per difendere il confine romano, che allora passava a pochi chilometri a Est della città.
Queste mura non esistono più. Sono state in gran parte demolite durante il successivo lungo periodo di pace che è seguito allo spostamento del confine ancora più a Est.
Solo pochi tratti sono stati messi in luce da moderni scavi archeologici nell’area di Città vecchia e sono parzialmente visibili.
3. Dedica delle mura da parte di Ottaviano (il futuro imperatore Augusto)
inv. 13547, 13548
Due frammenti contigui di blocco in calcare rinvenuti rispettivamente nel giardino Czvietovich, davanti al monastero dei Santi Martiri nel 1838, e in una casa di via della Corte nel 1925.
33-32 a.C.
I.It., X, 4, 20
[Imp(erator) Caesar] co(n)s(ul) desig(natus) tert(ium),
[IIIvir r(ei) p(ublicae)] c(onstituendae) iter(um),
murum turresque fecit.
L’imperatore Cesare (= Ottaviano), console designato per la terza volta, triumviro per la fondazione dello stato per la seconda volta, fece le mura e le torri.
Tre iscrizioni, due conservate (n. 3 e n. 4), una perduta (l’originale da cui è stata tratta l’epigrafe di Federico III), ricordano la costruzione nel 33-32 a.C. delle mura della colonia di Tergeste ad opera del futuro imperatore Augusto (si chiamerà così a partire dal 27 a.C.). Due sono proprio le iscrizioni commemorative dell’opera, collocate originariamente nei pressi di due tra le porte principali. La n. 4 indica la cronologia dell’opera stessa, vale a dire che la cinta muraria fu eseguita mentre Ottaviano era console designato per la terza volta e triumviro per la seconda.
3 bis. Dedica delle mura da parte dell’imperatore d’Austria Federico III che riprende la dedica di Ottaviano
(esposta all’ingresso dell’Orto Lapidario, in piazza della Cattedrale 1)
Iscrizione fatta scolpire nel 1470 dall’imperatore Federico III e probabilmente collocata nelle vicinanze della porta di San Lorenzo, situabile in corrispondenza dell’ingresso del Civico Museo di Storia ed Arte in via della Cattedrale, 15.
Le prime tre righe copiano il testo antico con la dedica delle mura da parte di Ottaviano, le ultime due sono l’aggiunta quattrocentesca.
Imp(erator) Caesar co(n)s(ul) design(atus)
tert(ium), IIIvir r(ei) p(ublicae) c(onstituendae) iterum,
murum turresque fecit.
Fri(dericus) Tert(ius) Ro(manorum) imp(erator), dux Aust(riae) (et) c(etera) do(minus)q(ue) Ter-
gesti, (quarta) vice muru[m reed]ificari iussit.
L’imperatore Cesare (Augusto), console designato per la terza volta, triumviro per la fondazione dello stato per la seconda volta, fece le mura e le torri.
Federico III, imperatore dei Romani, duca d’Austria e del resto, signore di Trieste, comandò che (le mura) fossero riedificate per la quarta volta.
Nella copia federiciana l’avverbio iterum (per la seconda volta) del testo antico è stato interpretato dai lettori quattrocenteschi come riferito alla costruzione delle mura (e non alla designazione a console), ciò spiega l’indicazione quarta vice (per la quarta volta) a proposito dei lavori del 1470, dato che la terza volta fu quella della ricostruzione ad opera del duca Ernesto nel 1419.
VOCE DAL PASSATO N. 1
Ascoltiamo Ottaviano Augusto
[I]mp(eratore) Caesare [Divi f(ilio)],
imp(eratore) V, III[viro r(ei) p(ublicae) c(onstituendae) iter(um)],
co(n)s(ule) de[sign(ato) tertium].
Durante il secondo triumvirato per la fondazione dello stato dell’imperatore Cesare (= Ottaviano), figlio del Divo (= Cesare), proclamato comandante (dall’esercito)
per la quinta volta, console designato per la terza volta.
Le dimensioni ridotte e l’esecuzione più modesta di questa epigrafe fanno pensare alla sua collocazione nei pressi di una postierla, o comunque di un passaggio secondario delle mura.
L’Arco di Riccardo
Nella Città Vecchia, in via del Trionfo, si conserva un arco romano in calcare bianco, dalle eleganti proporzioni e dalle linee severe. Chiamato “Arco di Riccardo” (nome che forse deriva da “arco del cardo” o “del Ricario”) è stato ritenuto dapprima arco di acquedotto, poi porta di città, per vederne ora un arco-porta di quartiere, con funzioni decorative o forse anche onorarie. Stilisticamente viene attribuito all’epoca claudio-neroniana, alla metà del I secolo d.C.
Fotografia e rilievo grafico dell’Arco di Riccardo
Il Colle Capitolino
Nell’area dell’odierna piazza della Cattedrale, ai piedi del Castello, si vedono i resti dell’edificio romano della Basilica Civile (o tribunale; Sala B), mentre nella zona del filare dei cipressi era la piazza porticata del foro. Qui si trattavano gli affari e si svolgeva la vita della città. Qui erano erette le statue in onore dei cittadini più illustri, come quella equestre di Lucio Fabio Severo (n. 11), della quale rimane soltanto il dado della base, ma che riporta un’importantissima iscrizione.
Nell’area, ora occupata dalla Cattedrale, in corrispondenza del campanile, era un ingresso monumentale colonnato, o propileo, alle spalle del quale era un recinto sacro. Cosa ci fosse nel recinto costituisce una delle questioni che più dividono gli studiosi: forse il Tempio capitolino o Capitolium, cioè il tempio principale dedicato alla Triade capitolina di Giove, Giunone e Minerva?
Altri studiosi non sono d’accordo su quest’uso sacro del recinto e propongono quale area del Tempio capitolino quella più in alto, sulla quale si impostò poi il Castello di San Giusto, cancellandone ogni traccia.
L’area del colle di San Giusto oggi e in epoca romana
5, 6. Le Piramidi Capitoline
I due coronamenti di are/altari hanno forma di piramide a base quadrata e raffigurano a basso rilievo i simboli delle tre principali divinità dell’Olimpo romano: sulla faccia principale l’aquila di Giove, con i fulmini tra gli artigli e corona vegetale; a destra, il pavone di Giunone tra due corone; e a sinistra, lo scudo squamato con la testa della Medusa, l’elmo e due uccelli notturni, simboli di Minerva (il retro è liscio perché non era visibile).
La più piccola è stata ritrovata riutilizzata sul tetto della Cattedrale di San Giusto. Questo fatto ha supportato la proposta di vedere in questa zona l’ubicazione del Tempio capitolino o Capitolium, vale a dire il tempio principale dedicato alla Triade capitolina; questo doveva allora trovarsi all’interno del recinto retrostante il Propileo. Altri studiosi propongono quale area del Tempio capitolino quella su cui si impostò poi il Castello di San Giusto.
Tre facce della cuspide sono scolpite con i simboli propri della triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva). Sulla faccia principale, quale simbolo di Giove, è raffigurata un’aquila ad ali spiegate stante su un fascio di fulmini e con una corona vegetale nel becco; sul lato destro, simbolo di Giunone, un pavone fa la ruota, affiancato da due rosoni; sul lato sinistro, simbolo di Minerva, una corazza squamata su cui è posta una testa di Medusa dotata di baffi, accompagnata da una coppia di uccelli. Il retro è grezzo, non lavorato, perché il monumento era probabilmente addossato a una parete.
Tre facce della cuspide sono scolpite con i simboli propri della triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva). Sulla faccia principale è raffigurata, quale simbolo di Giove, l’aquila ad ali spiegate che stringe nel becco una corona vegetale, negli artigli un fascio di fulmini; sul lato destro, simbolo di Giunone, un pavone fa la ruota affiancato da due corone vegetali; sul lato sinistro, simbolo di Minerva, uno scudo squamato, con al centro la testa della Medusa, sormontato da elmo crestato e affiancato da uccelli notturni; il retro non è lavorato perché il monumento era probabilmente addossato a una parete.
7, 8. Il Propileo o ingresso monumentale
Conosciamo l’esatto luogo di rinvenimento della base con statua equestre di Valerio Festo (n. 7): venne ritrovata davanti al Propileo romano, l’edificio che nella sua parte sinistra è conservato in tutta l’altezza all’interno del Campanile della Cattedrale di San Giusto. La sua metà destra è invece visibile nel sotterraneo dell’Orto Lapidario (gradini e zoccolo dell’avancorpo).
Il Propileo era un ingresso monumentale con una gradinata centrale affiancata da colonne, che precedeva un’area sacra dove forse era il tempio, ma poi la costruzione della Cattedrale di San Giusto ne ha confuso le tracce.
Aveva ricchi capitelli e una decorazione a rilievo con armi e due grifi a cui un giovanetto porge da bere.
È databile alla metà del I secolo d.C.
[C(aio)] Calpe[tano]
Rant[io]
Quirinal[i]
[Va]lerio P(ubli) f(ilio) Pomp(tina) F[esto],
[IIII]vir(o) viar(um) curand(arum), t[rib(uno) mil(itum)]
[leg(ionis)] VI Victr(icis), quaestori, se[viro]
[equ]it(um) Romanor(um), tr(ibuno) pleb(is), prae[tori],
[soda]li august(ali), leg(ato) pro praet(ore) ex[ercit(us)]
[Afri]cae, co(n)s(uli), donato ab imper[atore]
[hastis] puris IIII, vexillis IIII, co[ronis]
[IIII] vallari murali classica a[urea],
[cura]tori alvei Tiberis et ripa[rum],
[pon]tif(ici), leg(ato) Aug(usti) pro pr(aetore) provinc[iae]
[Pan]noniae et provinc[iae]
Hispaniae,
patrono,
plebs urbana.
A Gaio Calpetano Ranzio Quirinale Valerio Festo, figlio di Publio, iscritto alla tribù Pontina (= distretto di voto), quattuorviro addetto alla cura delle vie pubbliche, tribuno militare (= ufficiale) della legione VI Vincitrice, questore, seviro dei cavalieri romani (= comandante delle schiere durante una specifica cerimonia), tribuno della plebe, pretore, sodale (= sacerdote) di Augusto, legato propretore (= comandante) dell’esercito d’Africa, console, insignito dall’imperatore della lancia onorifica quattro volte, dei vessilli quattro volte, delle corone quattro volte, di quella vallare, murale, classica e aurea, incaricato della cura del corso del Tevere e delle (sue) rive, pontefice, legato di Augusto propretore (= governatore) della provincia della Pannonia e della provincia della Spagna,al patrono il popolo tergestino (fece dono).
Il personaggio, probabilmente di origine aretina come potrebbe indicare la tribù Pontina,è ricordato dallo storico Tacito come un giovane ambizioso e dalla vita dissoluta, che nelle lotte del 68-69 d.C. successive alla morte di Nerone, quando il trono era conteso da ben quattro pretendenti, tra cui il futuro imperatore Vespasiano, appoggiò Vitellio, comandante delle legioni sul Reno, con il quale era imparentato. La dedica ne presenta le cariche, tipiche di un giovane e brillante senatore, secondo un ordine ascendente (da quelle meno importanti a quelle di maggior prestigio) fino a culminare probabilmente, in un’epoca successiva a quella registrata dall’iscrizione, nel proconsolato (governatorato) della ricchissima provincia Asia, vale a dire l’apice della carriera senatoria. Si possono notare tutti i riconoscimenti militari, tra cui le quattro corone (vallare per aver espugnato un vallo, murale le mura, classica una flotta, aurea il massimo riconoscimento per le capacità dimostrate negli assedi) tributate di solito ai grandi strateghi. Le ragioni della dedica, da parte del popolo tergestino, di questo monumento con statua equestre, collocato davanti al Propileo, potrebbero risiedere nella particolare benevolenza dimostrata mediante doni e elargizioni. Il senatore è infatti definito patrono di Tergeste, città in cui doveva soggiornare spesso a causa delle sue probabili proprietà terriere nella vicina Istria.
VOCE DAL PASSATO N. 2
Ascoltiamo Valerio Festo
8. Dedica del cavaliere e patrono Publius Septimius …
inv. 13507
Blocco in calcare segnalato nel Seicento in una vigna presso la porta San Lorenzo ma identificato e recuperato solo nel 1968.
III sec. d.C.
I.It., X, 4, 153
P(ublius) Septimius L(uci) [f(ilius) — eques]
Romanus et patr[onus —].
Omnia largitus e < s> t Terge[stinis —]
Publio Settimio …, figlio di Lucio, … cavaliere romano e patrono … Lasciò in eredità ogni bene ai Tergestini ….
Il patrono tergestino, da quanto ricaviamo dall’iscrizione frammentaria, devolse tutti i suoi beni alla comunità civica.
9, 10. L’Architrave a Publio Palpellio Clodio Quirinale
Un architrave di porta con l’iscrizione che ricorda Publio Palpellio Clodio Quirinale rievoca la sua brillante carriera militare fino all’ammiragliato della flotta di stanza presso il porto di Ravenna. Il testo però non fornisce alcuna indicazione per risalire all’edificio a cui l’architrave appartenne e che Clodio Quirinale deve aver finanziato: gli studiosi ipotizzano che si tratti del tempio capitolino o più probabilmente della primitiva basilica civile, datata alla metà del I secolo d.C.
9. Dedica da parte del cavaliere
Publius Palpellius Clodius Quirinalis
inv. 13604
Cornice di porta in calcare un tempo inserita all’interno della Cattedrale “nella robusta muraglia contigua alla torre del Duomo e alla porta che conduce al Battistero” (Ireneo della Croce, XVII sec.).
Prima del 56 d.C.
I.It., X, 4, 32
P(ublius) Palpellius P(ubli) f(ilius) Maec(ia) Clodius
Quirinalis, p(rimus) p(ilus) leg(ionis) XX, trib(unus) milit(um) leg(ionis) VII
C(laudiae) P(iae) F(idelis), proc(urator) Aug(usti), praef(ectus) classis, dedit.
Publio Palpellio Clodio Qurinale, figlio di Publio, iscritto alla tribù Mecia (= distretto di voto), primopilo (= ufficiale) della legione XX, tribuno militare (ufficiale) della legione VII Claudia Pia Fedele, procuratore (finanziario) dell’imperatore, prefetto della flotta, diede (in dono).
Si è proposto di riconoscere nell’autore della dedica il prefetto della flotta ravennate, forse di origine napoletana stando alla tribù Mecia, spinto da Nerone al suicidio nel 56 d.C., come ci riporta lo storico Tacito. La somiglianza nel nome con il militare Publio Clodio Quirinale, ricordato in una stele tergestina (vedi l’iscrizione n. 69), potrebbe indicare che quest’ultimo è il padre naturale del cavaliere, poi adottato da un membro della gens (famiglia) Palpellia, ben nota in Istria. Rimane imprecisabile l’oggetto della dedica: alcuni ritengono si tratti della basilica forense alla cui porta di accesso apparterrebbe la cornice, altri collegano variamente la dedica all’ipotetico edificio retrostante al Propileo.
VOCE DAL PASSATO N. 3
Ascoltiamo il racconto di un architrave
10. Statua di togato con sedia curule
inv. 14376
Porzione inferiore di statua in calcare a tutto tondo rinvenuta nel 1847 nell’area capitolina in occasione di scavi per l’edilizia.
I sec. d.C.
La statua raffigura un uomo vestito di toga assiso sulla sedia curule, il tipico sedile dei magistrati superiori. Originariamente collocata su una base recante sicuramente un’iscrizione, costituiva il monumento onorario (o funerario) di un importante uomo pubblico tergestino.
11. Il monumento a Lucio Fabio Severo
Il dado centrale della base del monumento equestre dedicato dalla plebs tergestinorum (i triestini) al concittadino Lucio Fabio Severo è oggi purtroppo privo di basamento, coronamento e sopratutto della statua che era in bronzo dorato.
Si tratta di un’importantissima testimonianza epigrafica che riporta sul fianco destro, in due colonne per un totale di 75 righe, la versione integrale del verbale della seduta della curia (consiglio municipale) durante la quale venne deliberato di erigere un monumento con statua dorata a Lucio Fabio Severo da porsi nel punto più frequentato del foro. Egli, distintosi nella carriera giuridica, raggiunse il rango senatorio e operò per la sua città patrocinando le cause dei tergestini presso l’imperatore Antonino Pio (138-161 d.C.), divenendo un esempio da imitare per tutti.
11. Dedica al giovane senatore Lucius Fabius Severus con copia del decreto onorifico
inv. 13545
Dado di base di statua equestre in calcare un tempo murato nella porta San Lorenzo delle mura medievali. Nel 1539 fu trasportato in Piazza Grande (odierna Piazza dell’Unità d’Italia). Dal 1728 al 1830 fu inserito nel muro esterno della chiesa di San Pietro e di San Rocco fino al 1830. Sulla faccia principale è scolpita la dedica, su una di quelle laterali il decreto municipale relativo all’onorificenza tributata al senatore.
138-161 d.C.
I.It., X, 4, 31
L(ucio) Fabio [L(uci) f(ilio)]
Pup(inia) Sev[e]ro,
quaestor[i]
urbano,
[de]cu[r(iones) et] plebs
T[ergesti]nor(um).
A Lucio Fabio Severo, figlio di Lucio, iscritto alla tribù Pupinia (= il distretto di voto di Tergeste), questore di Roma, i decurioni (= gli ex magistrati) e la plebe dei Tergestini (dedicarono).
Colonna a
[Quod – A]spanius Lentulus et
[—]s Nepos IIuir(i) iur(e) dic(undo) u(erba) f(ecerunt)
[L(ucium) Fabium S]everum clarissimum vi-
[rum m]ulta iam pridem in rem p(ublicam) nos-
[tra]m beneficia contulisse, ut qui a pri-
[ma] sua statim aetate id eger[it] uti in ad-
[iuvan]da patria sua et dignitate et el[oq]uentia cres-
[cer]et: nam ita multas et magnificas causas publi-
[ca]s aput optimum principem Antoninum Aug(ustum) Pium
[a]dseruisse, egisse, vicisse sine ullo quidem aerar[i] no[s]-
[tr]i inpendio, ut quanvis admodum adulescens [se]nili-
[b]us tamen et perfectis operibus ac factis patriam suam nos-
que insuper sibi universos obstrinxerit, nunc vero tam gr-
andi beneficio tam salubri ingenio ta[m p]erpetua ut[il]itate rem
p(ublicam) n(ostram) adfecisse, ut omnia praecedentia facta sua, quanquam im-
mensa et eximia s[int], facile su[per]ari[t]: nam in hoc quoque mira-
bilem esse c(larissimi) v(iri) virtutem, quod cotidie in bene faciendo et in [p]a-
tria sua tuenda ipse se vincat et idc[ir]co, quamuis pro mensu-
ra beneficiorum eius impares in referenda gratia simus, inte-
rim tamen pro tempore vel facultate ut adiuvet saepe factu-
[r]us, remunerandam esse c(larissimi) v(iri) benivolentiam, non ut illum pro-
niorem habeamus: aliut enim uir ita natus non potest facere: sed
ut nos iudicantibus gratos praebeamus et dignos tali decore ta-
lique praesidio, q(uid) f(ieri) p(laceret), d(e) e(a) r(e) i(ta) c(ensuerunt) primo censente Calpurnio Certo.
cum Fabius Severu[s] vir amplissimus atque clarissimus tanta pietate tanta-
qua adfectione rem p(ublicam) n(ostram) amplexus sit itaque pro minimis ma-
ximisque commodis e[i]us excubet atque omnem praestantiam
[s]uam [e]xerat, ut manifestum sit id eum agere, ut non modo nobis sed pro-
ximis [q]uoque civitatibus declaratum velit esse se non ali quam
patriae suae natum et civilia studia, quae in eo quamvis admodum
invene iam sint peracta atque perf[e]cta, ac senatoriam dig-
nita[t]em hac maxime ex causa co[nc]upivisse, uti patriam su-
am cum orna[ta]m tum ab omnib[us] in[i]uriis tutam defensamque
praestaret, interim aput iudices a Cae[sa]re datos, interim aput ip-
sum imperatorem causis publicis patroc[in]ando, quas [c]um iusti-
tia divini principis tum sua eximia ac [pru]denti[s]sima oration
semper nobis cum victoria firmiores [rem]isit, ex proximo vero,
Colonna b
ut manifestatur cael[es]tis litteris A[ntoni]-
ni Aug(usti) Pii, tam felicit[er] d[e]si[de]rium pu[blicum a]-
put eum sit prosecutus i[m]petrando u[ti Car]-
ni Catalique attributi a divo Augusto [rei publi]-
cae nostrae, pro ut qui mer[u]issent vita atque ce[n]-
su, per aedilitatis gradum in cu[r]iam nostram admitt[e]-
rentur ac per hoc civitatem R[o]manam apiscere[n]-
tur, et aerarium nostrum ditavi[t et cu]riam complev[it]
et universam rem p(ublicam) n(ostram) cum fome[n]tis ampliavit ad[mit]-
tendo ad honorum commun[i]onem et usurpation[em]
Romanae civitatis et optimum et locupletissimum
quemque, ut scilicet qui olim erant tantum in redit[u]
pecuniario nunc et in illo ipso duplici quidem per
honorariae numerationem repperiantur et s[int]
cum quibus munera decurionatus iam ut paucis one-
rosa honeste de pl[e]no compartiamur. Ad cuiu[s rei]
gratiam habendam, ut in saecula permans[uro eius]-
modi beneficio oportuerat quidem, si fieri poss[et] ac
si verecundia clarissimi viri permitteret, univer[s]os nos
ire et gratias ei iuxta optimum principem agere. Sed
quoniam certum est nobis onerosum ei futurum [ta]-
le nostrum offic[i]um, illut certe proxime fieri opo[r]-
tet[[o]] statuam ei auratam equestrem primo quoqu[e]
tempore in celeberrima fori nostri part[e] poni et [in]
basi eius hanc nostram consensionem a[t]que h[oc]
decretum inscribi, uti ad posteros nostros tam vol[tus]
amplissimi viri quam facta permaneant, petiqu[e] a –
bio Vero egregio uiro, patre Severi, uti quando q[ui]-
dem et commentarium hoc ipsius sit provvidentiae, qua
rem publicam n(ostram) in[f]atigabili cura gubernat, et in hoc
plus publici benefici, quod talem [et] nobis et imperio civem [pro]-
creavit a[t]que formavit, cuius opera studioq(ue) et ornati[ores]
et tutiores in dies nos m[a]gis magisque sentiamus, uti patiat[ur]
se in hanc rem ad fili[u]m suum l[e]gari mandarique si[bi],
uti gratias publice c[l]ariss[im]o uiro mandatu no[s]-
tro agat et gaudium universorum singulariorumqu[e]
ac voluntatem ut mag[i]ster talium rerum in notiti[am]
eius perferat. Censuerunt.
Colonna a
… Aspanio Lentulo e … Nepote, duoviri con potere giurisdicente (= i magistrati annuali a capo della colonia), hanno riferito che già da tempo Fabio Severo, uomo di rango senatorio, rese molti benefici alla nostra comunità, essendosi subito adoperato, fin dalla prima giovinezza, a progredire nella dignità e nell’eloquenza, recando aiuto alla sua patria, tante infatti e di tanto prestigio sono le cause pubbliche da lui promosse, trattate e vinte presso l’ottimo principe Antonino Augusto Pio, senza alcun aggravio per il nostro erario, questi, per quanto assai giovane, tuttavia, con opere e azioni perfette e degne di un uomo anziano, si è assicurata la riconoscenza della sua patria e di tutti noi in particolare; ora, poi, si è reso benemerito verso la nostra comunità con un beneficio così notevole, con un’inizIativa così proficua, con un vantaggio così duraturo, da superare facilmente tutte le sue azioni precedenti, benché siano immense ed esimie – infatti anche in questo è mirabile il valore dell’uomo di rango, nel fatto che ogni giorno egli supera se stesso nel bene operare e nel tutelare la sua patria, e perciò, sebbene siamo impari nel ricambiare in proporzione i suoi benefici, tuttavia, nella misura in cui lo consentono le circostanze e le nostre possibilità, dobbiamo premiare la benevolenza di un tale uomo di rango, non al fine di rendercelo più favorevole – un uomo tale non può infatti agire diversamente – ma per mostrarci riconoscenti a chi ci giudica e degni di un tale onore e di un tale appoggio. Pertanto è stata presentata la seguente proposta sulle decisioni da prendere al riguardo, per iniziativa di Calpurnio Certo: Fabio Severo, stimatissimo uomo di rango, avendo fatto della nostra comunità l’oggetto della sua devozione e del suo attaccamento, vigilando per i più piccoli come per i più grandi vantaggi di essa e adoperando in ciò ogni sua energia, affinché sia chiaro che egli agisce così perché sia manifesto non solo a noi ma anche alle città più vicine, che egli, nato per null’altro che la sua patria, ha desiderato massimamente l’attività pubblica, che da lui, pur oltremodo giovane, è stata intrapresa ed esercitata con successo, e la dignità senatoria per questa ragione, vale a dire per giovare alla sua patria ornata e sicura e difesa da ogni ingiustizia, patrocinandola ora di fronte ai giudici designati da Cesare, ora di fronte allo stesso imperatore, in pubbliche cause, che, grazie alla giustizia del divino principe e alla sua eccellente e avveduta eloquenza, sempre a noi restituì rafforzate dalla vittoria; ultimamente
Colonna b
in verità, e di recente, come si legge nella sublime missiva dell’(imperatore) Antonino Pio, presso di lui egli ha tanto felicemente favorito il volere della comunità ottenendo che i Carni e i Catali, attribuiti alla nostra città dal divo Augusto, così come coloro che hanno meritato per condotta e per censo, siano ammessi attraverso la carica dell’edilità nella nostra curia, e attraverso ciò ottengano la cittadinanza; con questo e ha arricchito il nostro erario e ha completato la curia e ha rinvigorito l’intera nostra comunità ammettendo alla partecipazione degli onori e al godimento della cittadinanza romana tutti i migliori e tutti i più facoltosi, in modo che costoro che un tempo erano una sola voce nelle entrate delle casse statali ora sono reperibili in quella stessa (voce) e in una seconda per il versamento della somma onoraria e in modo che siano (contati) tra coloro con i quali, ormai ridotti di numero, noi dividiamo gli obblighi onerosi del decurionato. Per ringraziarlo di ciò, poiché il beneficio durerà nei secoli a venire, sarebbe stato opportuno, se fosse possibile e se la modestia di quest’uomo di rango lo permettesse, che noi tutti ci recassimo a ringraziarlo alla presenza dell’ottimo principe. Ma, poiché siamo certi che per lui sarebbe oneroso questo nostro gesto, è certo opportuno che presto gli sia dedicata una statua equestre dorata da collocare, quanto prima, nella parte più frequentata del nostro foro e che nella sua base sia inciso il nostro unanime accordo e questo decreto, affinché tanto l’aspetto di questo nobilissimo uomo, quanto le gesta siano vive presso i nostri posteri ed è certo opportuno che sia richiesto a Fabio Vero, uomo di rango equestre, padre di Severo, – alla cui sollecitudine è dovuto questo provvedimento, sollecitudine con la quale, senza riposo, egli governa la nostra comunità, e, più ancora del (suo) pubblico beneficio, per il fatto che ha generato e cresciuto per noi e per lo stato un tale cittadino della cui opera e della cui devozione noi ci sentiamo di giorno in giorno più onorati e sicuri – che accetti di essere mandato quale messaggero per questo incarico presso suo figlio affinché, per nostro mandato, ringrazi pubblicamente quest’uomo di rango e, come colui che gli è stato maestro di tali cose, gli porti la notizia della gioia e della volontà di tutta la comunità e di ogni suo singolo rappresentante.
Nella prosa ridondante e pomposa del II sec. d.C. il consiglio municipale ricorda i meriti del senatore tergestino Lucio Fabio Severo, che nonostante la sua giovane età era già riuscito a operare con grande competenza e abilità per il bene della sua città patrocinando le cause dei Tergestini anche presso l’imperatore. Tra i suoi meriti più grandi vi fu la concessione da parte dell’imperatore Antonino Pio (138-161 d.C.) che i membri più ricchi e nobili dei Carni e dei Catali – due popolazioni indigene stanziate in un’area non meglio precisata del Carso – potessero acquisire la cittadinanza romana. Essi passarono così dal pagamento di una tassa (probabilmente per l’occupazione del suolo) alla condivisione degli oneri (munera) che gravavano sui membri del consiglio municipale incrementando in tal modo le entrate della colonia. Per tale ragione in onore del senatore, come dice il testo, fu stabilito di erigergli nel punto più frequentato del Foro una statua dorata, sulla cui base fosse inciso anche il decreto onorario, l’unico atto pubblico di Tergeste di cui conserviamo memoria.
VOCE DAL PASSATO N. 4
Ascoltiamo Fabio Severo