Martedì 23 agosto 2022 si è svolta al museo la quarta serata della affollatissima e fortunata manifestazione “Archeologia di Sera 2022” che è stata dedicata al melodramma verdiano Aida, con l’approfondimento sulle origini egittologiche, la sua prima rappresentazione a Trieste, e a seguire l’esecuzione da parte del gruppo Lumen Harmonicum del brano Ritorna Vincitor! e spunti dall’Aida di Émil Tavan (1849-1929).
Susanna Moser e Marzia Vidulli hanno presentato la figura dell’egittologo Auguste Mariette a cui si deve la stesura del canovaccio. La committenza di Aida era stata del viceré d’Egitto Ismail Pascià, il quale a seguito dell’inaugurazione del Canale di Suez, voleva un nuovo potente messaggio di propaganda per l’affermazione identitaria dell’Egitto, allora ancora parte dello stato ottomano. Il mezzo scelto per diffondere la cultura del paese faraonico fu la lirica, potente mass media del tempo, e per la stesura del soggetto così come per l’allestimento scenico venne scelto proprio Auguste Mariette, un francese che ricopriva la carica di direttore, il primo, delle Antichità d’Egitto.
Si voleva mettere in scena la nuova immagine dell’antico Egitto, in cui Aida incarna l’idea orientalistica di un’Etiopia nera (così era chiamata quella che per noi oggi è l’alta Nubia e il Sudan). Il risultato fu un’ambientazione in un antico Egitto universale che presenta consapevoli inesattezze, derivate dall’irrompere della fantasia orientalista, nel quale si svolge una travolgente e tragica storia d’amore. La scenografia venne basata sull’architettura faraonica, quella dell’immaginario universale dell’antico Egitto, un mondo governato da cerimonie arcaiche e regole rigide così come era stato tramandato dagli autori classici e come veniva allora confermato dai risultati degli scavi dello stesso Mariette.
Sono state, pertanto, presentate le fonti ispiratrici di Aida, tanto quelle degli scrittori greci – come il romanzo Aethiopica di Heliodoro emeseno (III-IV d.C.) – quanto le iscrizioni storiche egizie allora riscoperte. A partire da quella del re Merenptah (1213-1203 a.C.) a Karnak con la trionfale marcia di ritorno dalla guerra vittoriosa carica di tesori e prigionieri, o come le quattro stele reali di Gebel Barkal riportate alla luce proprio in quegli anni a Napata, presso la quarta cataratta del Nilo in alta Nubia, detta allora Etiopia: raccontano delle conquiste dell’Egitto da parte dei faraoni del sud, nubiani del regno di Kush, con gli dei che scelgono i pretendenti al trono e la potente casta sacerdotale il cui tribunale emette sentenze capitali, come sarà in teatro per la condanna che ricadrà sul capo di Radames, condannato a morire sepolto vivo, nel tragico finale, insieme ad Aida, nascostasi segretamente nella cripta.
Poi, Stefano Bianchi, ricordando la prima assoluta di Aida tenutasi al Cairo il 24 dicembre 1871 e la successiva prima italiana alla Scala di Milano, l’8 febbraio 1872, ha raccontato come Trieste avrebbe voluto subito, nello stesso 1872, portare al teatro comunale la nuova opera verdiana. Ma i “faraonici” costi degli effetti spettacolari della sua messa in scena costrinsero ad ampliare il teatro nella parte postica, verso il mare, con tettoie e strutture provvisorie al fine di ospitare la scenografia e il gran numero di comparse (intervento d’ampliamento che verrà realizzato in muratura solo alla fine del secolo). Così dopo poche altre città italiane, Trieste (che era ancora asburgica) vide l’Aida come primo spettacolo della stagione autunnale 1873, il 4 ottobre, con sul podio a dirigerla Franco Faccio.