Martedì 7 agosto, dalle 20 alle 23
primo appuntamento della serie
ARCHEOLOGIA DI SERA 2018
Sul Colle di San Giusto, nel giardino del Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” (già Museo di Storia ed Arte-Orto Lapidario) con Ingresso libero da Piazza della Cattedrale 1, via della Cattedrale 15 e via San Giusto 4
Punizione, salvezza, inganno: le Metamorfosi di Ovidio
Ore 20.30: Metamorfosi in note “con il Clarinetto”
a cura del Gruppo Strumentale Lumen Harmonicum, Quintetto clarinetto e archi, musiche di Britten (Six Metamorphoses after Ovid) e di Mozart
Classico in quanto bello? Leon Battista Alberti non aveva dubbi quando, riprendendo Vitruvio, affermava che classico è un “conserto di tutte le parti accomodate insieme con proporzione e discorso […] di maniera che non vi si possa aggiungere, o diminuire, o mutare cosa alcuna, che non vi stesse peggio”. In Musica uno degli esempi più classici del repertorio mozartiano è il Quintetto in La maggiore K 581 per clarinetto e archi. Scritto nel settembre del 1789 per l’eccellente clarinettista Anton Stadler, il Quintetto è un florilegio continuo di dolci sonorità. Fa sorridere il fatto che mentre Stadler era solito spillare freddamente soldi in prestito all’amico, Wolfgang lo ricambiasse dando spazio alla sua anima sensuale, tra espressività melodica ed estrema agilità, tutte doti che rimasero “fotografate” in questa partitura, uno dei capolavori della maturità mozartiana. Prima di immergersi primus inter pares nel Quintetto, il protagonista della serata, il Clarinetto, citerà l’Ovidio pensato da Benjamin Britten tra il temerario Fetonte alla guida del carro del Sole, prima di cadere nel fiume Padus vittima di un fulmine, e il divertito Bacco, tra le chiacchiere delle commensali e i mormorii urlanti dei più giovani ospiti. Questo è solo il primo dei casi di metamorfosi estreme che il Lumen Harmonicum proporrà per Archeologia di Sera 2018…
Benjamin Britten (1913-1976)
– Phaeton e Bacchus dalle Six Metamorphoses after Ovid
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
– Quintetto in La maggiore K 581 per clarinetto e archi
Marta Macuz – clarinetto
Marco Favento – violino I
Mitja Briscik – violino II
Giuseppe Corrieri – viola
Massimo Favento – violoncello
Ore 21: La forza degli elementi: l’irruenza di Borea e la furia dei flutti
Il primo incontro, a cura di Marzia Vidulli Torlo e Susanna Moser, legato al bimillenario della morte del poeta latino Ovidio, rievocherà il mito del rapimento di Orizia da parte del dio del vento del Nord Borea, scena che decora il collo del Rhyton (bicchiere rituale) d’argento da Taranto, il capolavoro del Museo triestino, realizzato sulle coste del Mar Nero nel 400 a.C. circa.
Un altro brano dalle Metamorfosi di Ovidio illustrerà ancora un tema legato alla furia dei venti: il tragico naufragio in seguito al quale avviene la metamorfosi dei due sposi Ceice e Alcione (figlia di Eolo, il re dei venti) trasformati in una coppia di gabbiani.
da Ovidio, Metamorfosi, VI 675-721
Borea agitò le ali, e a quel battito tutta la terra fu percorsa dal vento e la distesa del mare ne fu sconvolta.
Il dio Borea, essendo di Tracia, dovette attendere a lungo prima di avere l’amata Oritìa, almeno finché la chiese usando preghiere in luogo della forza. Ma visto che nulla otteneva con le blandizie, travolto d’ira,come fin troppo spesso è naturale a questo vento: … abbracciò Oritìa, tremante di paura, con le sue ali fulve. E mentre vola, l’eccitazione rinfocolò la sua passione;…così, l’ateniese Oritìa divenne moglie del gelido signore, e madre…
da Ovidio, Metamorfosi, XI 346-754
L’assalto impetuoso della bufera si abbatte sulla nave di Ceice, il marito di Alcione, la figlia di Eolo, che non ha scampo.
Quando sul far della notte il mare cominciò a biancheggiare di gonfi cavalloni e l’Euro impetuoso a soffiare più violento. Minaccioso cresce il fortunale e da ogni parte impetuosa si scatena la furia dei venti, sconvolgendo il mare in burrasca. Senza uguali è il frastuono: urla di uomini, stridio di sàrtie, scrosci di onde che si abbattono su altre onde, tuoni in cielo.
Il mare si gonfia di flutti, sembra raggiungere il cielo e investire di schizzi persino la cappa delle nubi …
Anche la nave di Trachine è coinvolta in questa sorte e ora, portata in alto, sembra che dalla vetta di un monte guardi giù nelle valli sino in fondo all’Acheronte, ora, caduta sul fondo con l’arco del mare che la circonda, sembra dai gorghi infernali guardare in alto il cielo.
Spesso investita al fianco dai marosi manda un gran fragore, e percossa rimbomba cupa come una rocca squassata. Ormai cedono i cunei e, spogliate del rivestimento di pece, si allargano le commessure, offrendo un varco ai flutti micidiali. Ormai i flutti irrompono dentro lo scafo della nave. La decima ondata, ergendosi ancora più immane, avventa la sua furia e assalta sen za tregua la nave allo stremo, finché, scavalcate le paratie, si abbatte entrobordo e l’espugna.
Il corpo di Ceice viene trasportato alla spiaggia ove lo vede la moglie Alcione:
Lei battendo l’aria leggera con ali appena spuntate, sfiorava, patetico uccello, la superficie del mare, e volando, la sua bocca, ormai ridotta a un becco sottile, stridendo emise un suono lamentoso che sembrava pianto. Quando poi raggiunse il corpo muto ed esangue, abbracciando quelle care membra con le sue nuove ali, vanamente col duro becco le coprì di freddi baci.
Sentì Ceìce quei baci e… alla fine, per pietosa grazia degli dei, si mutarono entrambi in gabbiani. Il loro amore rimase, legandoli al medesimo destino, e il patto nuziale fra loro,ormai uccelli, non si sciolse.
Ore 22: Documentario e visite guidate
Nella parte finale della serata il pubblico potrà scegliere se seguire le visite guidate alle diverse sezioni del Museo (Collezione Egizia e Orto Lapidario) oppure rimanere nel Giardino del Capitano per la proiezione di un documentario sull’archeologia tergestina.
SottoTrieste. L’archeologia racconta la storia della città
Documentario realizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste e da Interfase s.r.l, in accordo di cooperazione scientifica con la Soprintendenza Archeologia del Friuli Venezia Giulia e con il sostegno del Comune di Trieste (durata 57 minuti).
Trieste, affacciata sul mare Adriatico ai piedi dell’altopiano carsico, continua a vivere nella stessa area in cui nacque e si sviluppò la città antica. Famosa per la sua arte e cultura mitteleuropea, Trieste nasconde tra i vicoli di Cittavecchia e sotto i suoi bei palazzi tanti preziosi segni della sua storia ancora poco noti.
Rivivremo la storia della città percorrendo un lungo viaggio attraverso i secoli, tra luoghi nascosti o dimenticati, tra documenti e oggetti del passato, molti dei quali portati alla luce dagli scavi archeologici.
Il nostro viaggio comincia andando indietro nel tempo di oltre 2000 anni…