NAOFORO
Il termine “naoforo” deriva dal greco antico, ed è a sua volta composto da due parole: “naos”, che siginifica “piccola cappella” e “foros”, dal verbo “fero”, cioè “portare”. Con questo termine, dunque, si indica di solito la statua di un personaggio ritratto nell’atto di tenere in mano una piccola cappella che contiene la figura di una divinità.
NAOS
“Naos” è una parola greca antica che in origine indicava le celle dei templi, dove era custodita la statua della divinità e dove solo i sacerdoti potevano entrare. Per estensione, con il termine “naos” si fa riferimento, oggi, a piccole cappelle parallelepipede in pietra, con il lato anteriore aperto, nelle quali è posta o scolpita l’immagine di una divinità. Spesso immagini di “naoi” (plurale di naos) sono presenti nelle statue naofore.
PTAH
Era la divinità principale della città di Menfi ed era considerato uno degli dei responsabili della creazione del mondo. Il suo aspetto è caratteristico: avvolto in un sudario (i cui lembi si vedono dietro il collo), indossa una calotta sul capo e le mani reggono uno scettro uas davanti al corpo. Spesso i suoi piedi poggiano su una piccola base. La calotta era indossata anche dagli artigiani, di cui questo dio era patrono. Fu associato ad Osiride nella divinità funeraria Ptah-Sokar-Osiride ed con lui era identificato il toro Api. L’architetto divinizzato Imhotep era considerato suo figlio.
SCETTRO UAS
Questo scettro, tipico attributo del dio Ptah, è formato da un lungo bastone, alto quasi quanto il personaggio che lo tiene in mano. La terminazione inferiore è biforcuta e quella superiore munita di un elemento obliquo, che negli esemplari raffigurati nei rilievi o nelle pitture tombali si scopre essere una testa di cane. Lo scettro è anche un segno geroglifico che si legge uas e che significa “potente”.
OSIRIDE
Il dio forse più conosciuto di tutto l’Egitto, Osiride era il sovrano dell’aldilà. Il suo mito racconta di come suo fratello Seth fosse geloso della sua sovranità sull’Egitto e per questo lo uccise e fece a pezzi il corpo. Iside, la moglie di Osiride, però, ricompose il corpo e lo riportò in vita, concependo il figlio Horo, che doveva vendicare da grande l’uccisione del padre. Sulla base di questo mito, ogni sovrano da vivo era assimilato a Horo, che ereditò il trono d’Egitto dal padre, e da morto ad Osiride, in quanto sovrano defunto. Questo dio è solitamente rappresentato come uomo mummificato che porta sul capo la corona atef, composta dalla corona bianca, due piume di struzzo ai lati e le corna di un ariete alla base. In mano tiene lo scettro e il flagello. In Epoca Tarda (715-332 a.C.) e in quella Greco-Romana (332 a.C. – 395 d.C.) Osiride fu associato ad altre divinità, creando nuove entità divine come Ptah-Sokar-Osiride e Serapide (Osiride e il toro Api di Menfi).
PTAH-SOKAR-OSIRIDE
Divinità conosciuta a partire dall’Epoca Tarda (715-332 a.C.), nacque dalla fusione di tre diversi dei: Osiride, re dell’oltretomba e dio dei morti per eccellenza, Sokar, una divinità in forma di falco legata anch’essa al mondo dei defunti, e infine Ptah, che invece era considerato uno degli dei responsabili della creazione del mondo. Ptah-Sokar-Osiride, come divinità unica, ha carattere funerario e statue che lo raffigurano erano parte del corredo tombale in Epoca Tarda, al fine di assicurare la rinascita del defunto. Il dio è raffigurato come uomo mummificato, che sul capo indossa, a volte, la corona tipica di Osiride.
IMHOTEP
Fu un personaggio realmente esistito: era infatti l’architetto e visir del faraone Gioser della III dinastia (2700-2630 a.C.) e per lui realizzò la piramide a gradoni di Saqqara. La sua fama di uomo saggio fu tale che nel Nuovo Regno (1543-1078 a.C., quindi più di mille anni dopo la sua morte) fu divinizzato e considerato figlio del dio Ptah. Come dio aveva il potere di guarire dalle malattie, e pertanto fu identificato dai Greci con Asclepio, il loro dio della medicina.
FORMULA D’OFFERTA
Una delle formule d’offerta ai defunti più diffuse era quella che comincia con le parole “hetep di nesu” (di cui a lato sono riprodotti i geroglifici corrispondenti). Il testo standard è: “Offerta che il re fa ad Osiride (o ad altre divinità, anche più di una): conceda egli un’offerta funeraria di pane, birra, carne di buoi e di volatili, stoffe e vestiti, olio profumato e incenso, e tutte le cose buone e pure che il cielo crea e la terra dà e che fa vivere gli dei nell’aldilà; il dolce vento del nord per l’anima di N (nome del defunto), giustificato.” Il senso è che l’offerta di tutto ciò che poteva servire per vivere nell’aldilà andava sempre presentata agli dei dall’unico vero sacerdote del paese, cioè il faraone; poi questi avrebbero provveduto a redistribuire le offerte a tutte le anime dei defunti. Nella realtà erano i sacerdoti funerari, tecnicamente delegati dal faraone, a depositare le offerte di cibo presso le tombe.
NEFERTUM
A questo dio, raffigurato di solito come uomo in piedi che cammina e che sul capo ha una corona composta da un fiore di loto dal quale escono quattro alte piume, era associato il loto azzurro. Pertanto egli era il dio del profumo, conosciuto già dall’Antico Regno 3000-2195 a.C.) e talvolta può avere l’aspetto di un leone o di uomo con testa di leone. Nel Nuovo Regno (1543-1078 a.C.) si credeva che fosse figlio degli dei Ptah e Sekhmet, entrando così nella triade di divinità venerate a Menfi.
SEKHMET
Dea leonessa per eccellenza, era raffigurata con il corpo di donna e la testa leonina. Spesso sul capo portava il disco solare e l’ureo. Era una dea guerriera, la cui potenza proteggeva il sovrano e ne sconfiggeva i nemici. Aveva inoltre un carattere ambivalente: poteva inviare delle pestilenze e carestie, se in collera, ma era colei a cui si rivolgevano i medici per risanare le malattie, mediante riti che avevano lo scopo di placare la sua ira.
BASTET
Questa dea, raffigurata come una donna dalla testa di gatto, divenne nel corso della storia egiziana la versione pacifica di divinità leonesse come Tefnut e Sekhmet, simboleggiando così il lato dolce della femminilità e diventando protettrice del focolare domestico, mentre il lato aggressivo e sensuale originario andò progressivamente perduto. Era anche incarnazione, come le altre dee leonesse, dell’occhio sinistro del dio Ra e come tale della potenza guerriera del faraone.
BARBA DIVINA
Con barba divina si intende la barba che si vede quasi sempre al mento delle divinità maschili. Era generalmente lunga e intrecciata, con la punta assottigliata e ricurva, ma il dio Ptah, ad esempio, la porta più corta, dritta e con l’estremità allargata. La barba divina era indossata anche dai faraoni, in quanto considerati come degli dei in terra, e anche – ma non sempre – dai defunti, dal momento che essi si identificavano con il dio Osiride. Per questo sui sarcofagi spesso al mento c’è un foro che serviva per fissare una barba divina in legno.
CORONA ATEF
Questo tipo di corona era riservato ad alcune divinità, in particolar modo Osiride e Arpocrate. Era composta da un paio di corna d’ariete alla base, un disco solare davanti, un “corpo” centrale originato dalla fusione della corona bianca dell’Alto Egitto con il copricapo a doppia piuma di Amon, affiancato ai lati da due piume di struzzo.
CORONE
Nell’antico Egitto c’erano diversi tipi di corone. Oltre a quelle degli dei, diverse per ciascuno di essi, quelle portate dal sovrano erano principalmente tre: quella bianca dell’Alto Egitto (che ha grossomodo la forma di un cono la cui estremità termina in un bulbo), quella rossa del Basso Egitto (formata da una base tronco-conica con un ricciolo nella parte anteriore) e la corona doppia (l’unione delle due corone precedenti). Dalla XVIII dinastia (1543-1292 a.C.) entra in uso anche la “corona a casco blu”, che il faraone portava in guerra.
NEMES
Oltre ai vari tipi di corone, un copricapo tipico (anche se non del tutto esclusivo) del faraone era anche il nemes, un pezzo di stoffa posato sulla fronte, legato dietro la testa e con due bande che scendevano sulle spalle (liscio o a righe orizzontali), che si vede solitamente sulle sfingi.
UREO
L’ureo era, per gli antichi Egizi, un antichissimo simbolo della regalità. Come tale, l’immagine del cobra eretto pronto ad attaccare era portata sulla fronte dal faraone, poiché si credeva che avrebbe protetto il sovrano dai nemici con la sua potenza. Era spesso identificato con la dea Uto, ma poteva essere manifestazione di qualunque altra divinità femminile (per questo i nomi delle dee, in geroglifico, sono quasi sempre seguiti dalla sua immagine).
SCETTRO HEQA e FLAGELLO NEKHEKH
Lo scettro heqa, che in geroglifico significa “principe” e che ha la forma di un pastorale, e il flagello nekhekh, che ricorda uno scacciamosche, sono simboli della regalità. Come tali, sono tenuti in mano dai faraoni ma anche da Osiride, in quanto sovrano degli inferi.
ARPOCRATE
Arpocrate è il nome greco della divinità egiziana il cui nome significa “Horo il fanciullo”. Più che di un dio a sé stante, si tratta dunque di una delle forme di Horo. Anch’egli, quindi, era considerato figlio di Iside e di Osiride. Trattandosi di una divinità bambina, è ritratto nudo, con la treccia infantile sul lato del capo e con il dito indice della mano destra alla bocca. Questo gesto, tipico di Arpocrate, permette di riconoscere il dio nelle figurine in terracotta di epoca greco-romana (332 a.C. – 395 d.C.), in cui è raffigurato come un putto grassoccio spesso disteso o in pose scomposte.
ISIDE
Fu forse la divinità femminile più venerata dell’Egitto, tanto che il tempio a lei dedicato sull’isola di File fu quello che rimase attivo più a lungo, fino al 537 d.C. Raffigurata il più delle volte come donna con il simbolo del suo nome sul capo, poteva anche avere il copricapo con le corna di vacca e il disco solare oppure avere le ali di avvoltoio. Nel mito è moglie di Osiride e madre di Horo. Era la dea madre per eccellenza, infatti nei bronzetti è quasi sempre ritratta mentre allatta il figlio, ed era considerata la protettrice del sovrano, poiché questi era assimilato ad Horo che era stato protetto dalla madre durante l’infanzia. Prestava assistenza anche nell’imbalsamazione dei defunti, dal momento che aveva imbalsamato suo marito Osiride,ucciso dal fratello Seth.
TRECCIA INFANTILE
Nell’antico Egitto, per identificare gli individui che non avevano ancora raggiunto la maturità, si ricorreva alla treccia infantile: sul capo rasato si lasciava soltanto una ciocca di capelli, generalmente sul lato destro del capo, che veniva intrecciata e che sarebbe stata poi tagliata durante i riti di passaggio all’età adulta. Oltre che dagli esseri umani, la treccia era portata anche dalle divinità che erano identificate come bambine (ad esempio Arpocrate e, a volte, Khonsu).
HATHOR
Dea che può essere raffigurata come una donna, spesso con le orecchie e le corna bovine sul capo, tra le quali c’è il disco solare, o come una vacca, animale che le era sacro. Era la dea dell’amore, della gioia, dell’ebbrezza e della danza, ma aveva anche un aspetto terribile, in quanto portatrice di malattie e pestilenze.
NEITH
Raffigurata solitamente come donna dalla lunga veste e con la corona rossa sul capo, portava spesso in mano un arco, che la caratterizza quale divinità legata alla guerra ed alla caccia. A volte è rappresentata anche con il segno geroglifico del suo nome sul capo. Fu anche ritenuta l’inventrice della tessitura e fu particolarmente venerata nella città di Sais e nel periodo in cui questa città fu capitale d’Egitto (XXVI dinastia, 664-525 a.C.).
IAH
Personificazione dell’astro lunare, Iah è una divinità non particolarmente diffusa nell’antico Egitto. Il suo nome significa proprio “luna” e compare nel nome Ahmose, “generato da Iah”. È rappresentato come uomo che porta sul capo il crescente e il disco lunare allo stesso tempo. In quanto divinità connessa con la luna, ha come animale sacro il babbuino.
RA
Era il principale dio dell’antico Egitto, ed incarnava il Sole in tutta la sua potenza. Era raffigurato come uomo dalla pelle d’oro a testa di falco, sulla quale stava il disco solare attorno a cui si avvolgeva il cobra ureo. Si credeva che il dio Ra navigasse su una barca di giorno nel cielo e di notte nell’oltretomba, portando la luce ai defunti (ostacolato dal serpente Apofi nel viaggio notturno). Sulla sua barca prendeva posto il defunto (soprattutto se si trattava del faraone), come sua “guardia del corpo”. La sua forma al mattino era quella dello scarabeo Khepri, mentre alla sera era l’ariete Atum. Il toro sacro Mnevi della città di Eliopoli era considerato sua incarnazione.
HORO
Una delle divinità più importanti del pantheon egiziano, Horo era figlio di Osiride e Iside. Era usualmente raffigurato come uomo dalla testa di falco, e proprio questo animale gli era sacro. Indossa la corona doppia in quanto erede del re degli dei e fu considerato anche come divinità associata al faraone, poiché ogni sovrano succedeva al precedente che veniva assimilato ad Osiride. A seconda dell’aspetto di questa divinità che gli Egizi volevano enfatizzare, Horo assunse diversi nomi e aspetti, come Ra-Harakhty dal carattere di dio solare o il dio fanciullo Arpocrate.
DIADEMA HATHORIANO
Il diadema hathoriano è composto da una base cilindrica formata da molti cobra urei disposti in cerchio, sulla quale è impostato un paio di corna di vacca che racchiudono il disco solare. Originariamente indossato soltanto dalla dea Hathor (da cui il nome), divenne poi attributo delle divinità femminili in genere: Iside, per esempio, è raffigurata molto spesso con questo diadema sul capo.
ANKH
Il segno geroglifico, noto anche come “chiave della vita”, significa appunto “vita”. E’ il segno che gli dei tengono in mano nelle scene figurate di templi e tombe per donarlo agli uomini. Data la sua importanza, è frequente l’uso di tale simbolo come amuleto.
SISTRO
Il sistro è uno strumento musicale, tecnicamente detto idiofono (che, cioè, emette il suono quando esso stesso viene fatto vibrare). È composto da un manico e da una parte superiore arcuata, in cui sono inserite delle barrette metalliche munite di sonagli: il suono era quindi prodotto agitando lo strumento. Spesso raffigurato nelle mani delle dee e delle sacerdotesse, era legato in particolarmente alle cerimonie del culto di Iside.
SCETTRO DI PAPIRO, o UAG
Questo scettro, che raffigura uno stelo di papiro con in cima la sua infiorescenza (il ciuffo), era quello più frequentemente attribuito alle divinità femminili. Come geroglifico, letto “uag” (con la “g” dolce di “giorno”), indica tutto ciò che è verde, cioè fresco, giovane e vigoroso. Come amuleto era quindi un augurio di essere vitale e di avere davanti ancora lunghi anni di vita.
SA
Questo segno geroglifico, che rappresenta una corda annodata a formare una specie di nodo scorsoio, è quello che significa “protezione magica”. Concettualmente è legato alle dee Iside e Nefti, che secondo il mito riportarono in vita Osiride con la magia e ne protessero il cadavere. Questa è la protezione di cui tutti i defunti avevano quindi necessità per sopravvivere nell’oltretomba.
KHEPRI
Uno dei molti dei solari dell’antico Egitto, Khepri in particolare incarna il concetto del sole al mattino, quando sorge in tutta la sua potenza. È raffigurato come scarabeo o come uomo dalla testa di scarabeo. La scelta dello scarabeo si spiega con l’associazione mentale che gli antichi Egizi fecero tra lo scarabeo stercorario, che fa rotolare davanti a sé la pallina di sterco con dentro le sue uova, e il disco solare, che sembra rotolare nel cielo durante il giorno.
RA-HARAKHTY
La figura divina di Ra-Harakhty deriva dalla fusione di due divinità più antiche: Ra, dio del sole per eccellenza, e Harakhty “Horo dell’orizzonte”. Per questo riunisce in sé l’aspetto di entrambi gli dei, risultando in un uomo dalla testa di falco che sul capo porta il disco solare con l’ureo. Anch’egli era considerato un dio solare.
ATUM
Da non confondere con il dio Aton (il disco solare adorato da Akhenaton), era la personificazione del sole alla sera (Khepri, al contrario, simboleggia il sole nascente al mattino): è usualmente raffigurato come uomo che indossa la corona dell’Alto e Basso Egitto, ma anche sotto forma di ariete e altri vari animali. E’ anche il dio che, emergendo dalle acque primordiali del Nun, creò l’universo (secondo la mitologia della città di Eliopoli).
AMON
Scritto Ammone, Amon o Amun, il nome di questo dio significa “Il nascosto”. Viene normalmente raffigurato come essere umano, spesso con la pelle di colore azzurro, che porta sul capo una corona con due alte piume diritte. Era un dio particolarmente venerato a Tebe, ma durante il Nuovo Regno (1543-1078 a.C.) divenne forse la divinità più importante di tutto l’Egitto, e fu associato al dio Ra creando la figura divina di Amon-ra.
HAPI, AMSETI, KEBEHSENUF, DUAMUTEF (FIGLI DI HORO)
Si tratta di quattro divinità raffigurate come uomini mummificati a testa umana e animale. Essi erano Amseti a testa umana, Hapi a testa di babbuino, Duamutef a testa di sciacallo e Kebehsenuf a testa di falco. Si credeva che fossero figli del dio Horo e di Iside, da cui il nome. Il loro compito era quello di proteggere i visceri dei defunti, per questo le loro teste sono raffigurate sui coperchi dei vasi canopi: ad ognuno di essi era tradizionalmente associato uno specifico organo, anche se “sviste” e variazioni non erano infrequenti: ad Amseti il fegato, ad Hapi i polmoni, a Duamutef lo stomaco e a Kebehsenuf l’intestino. Il cuore era lasciato nel corpo, poiché si riteneva fosse la sede del pensiero e dei sentimenti, mentre il cervello veniva estratto e gettato via, in quanto un organo inutile. Oltre a questo, ognuno di essi era simbolo e protettore di uno dei punti cardinali.
NEFTI
Dea contraddistinta dal geroglifico del proprio nome, che porta sul capo. Era figlia di Gheb e Nut, e sorella di Iside, Osiride e Seth, di cui è anche la moglie. Nonostante ciò, aiutò la sorella a vegliare e imbalsamare il corpo di Osiride, e per questo è raffigurata assieme a Iside nelle tombe e sui sarcofagi.
SELKIS
Divinità molto antica, attestata a partire dalla I dinastia (3185-2930 a.C.), che aveva il ruolo di proteggere il sovrano assieme a Neith, Iside e Nefti. Nel tempo diventa una delle divinità che protegge Ra dal serpente Apofi, e quindi – per estensione – i defunti (per questo compare su canopi e sarcofagi). Il suo nome non significa “scorpione”, come spesso si è pensato, ma “colei che fa respirare” e il suo aspetto di dea-scorpione si afferma soltanto a partire dalla XIX dinastia (1292-1186 a.C.). Selkis diventa, a partire da questo periodo, la dea che può curare i morsi degli scorpioni e dei serpenti velenosi.
FLABELLIFERO
La parola “flabellifero” significa “colui che porta il flabello”, cioè il ventaglio che serviva per far fresco al faraone (riprodotto nell’immagine a fianco). Si trattava, nell’antico Egitto, di una carica onorifica molto importante ed ambita: il titolo completo è solitamente “flabellifero alla destra del re”, il che indica una persona che stava fisicamente molto vicina al sovrano. Doveva, quindi, trattarsi di qualcuno assolutamente degno di fiducia, perché un attentato compiuto da così breve distanza sarebbe quasi certamente andato a buon fine.
GED
Il geroglifico che ritrae il pilastro ged in egiziano significa “essere stabile, durare”. Sebbene non sia del tutto chiaro che cosa questo simbolo raffiguri, dal Nuovo Regno (1543-1078 a.C.) esso è definito come la spina dorsale del dio Osiride ed assume una notevole importanza come amuleto, che serviva a garantire a chi lo portava la stessa “durata” del dio, cioè una vita eterna (almeno idealmente).
TIT
Si tratta di un simbolo sacro, raffigurante un tessuto annodato con un contrappeso. Era uno tra i simboli usati più di frequente come amuleto: doveva essere di colore rosso ed essere posto sulla gola del defunto per garantirgli la protezione di Iside.
NUT
Nut era la dea che incarnava la volta celeste. Di solito è raffigurata come donna nuda, con il corpo a volte coperto di stelle, piegata ad arco proprio come il cielo sembra essere un arco sopra la terra. Altre volte è raffigurata come una vacca. Secondo il mito della creazione del mondo (spesso raffigurato sui sarcofagi – vedi l’immagine a lato), Nut era innamorata di Gheb, il dio della terra. Dal momento che stavano sempre abbracciati, non c’era spazio affinché uomini e animali vivessero sulla terra. Allora il dio Shu (l’aria) li separò, sollevando Nut in alto, dando così origine al mondo come lo conosciamo.
ANUBI
Tradizionalmente raffigurato come essere umano a testa di sciacallo (ma anche come sciacallo o come un cane nero), era il dio preposto all’imbalsamazione e faceva da guida ai defunti nell’aldilà. Nella decorazione delle tombe lo si vede spesso chinato sulla mummia del defunto che riposa sul letto funebre, oppure nell’atto di pesare il suo cuore nella scena della Pesatura dell’Anima.
NEBU
Questo segno, che in geroglifico si legge “nebu”, indica l’oro come metallo prezioso e raffigura un collare terminante con perline.
SCETTRO SEKHEM
Questo scettro, il cui nome egiziano rimanda al concetto di “potere” (la radice è la stessa presente nel nome della dea leonessa Sekhmet), era attributo di numerose divinità, associato però in particolar modo al dio Anubi. Lo si vede raffigurato in mano anche a dignitari di alto rango, come simbolo di autorità, e di sacerdoti durante alcune cerimonie religiose.
OCCHIO UGIAT
Dalla parola egiziana che significa “sano”, l’ugiat è l’occhio di Horo, che venne risanato dopo che Seth gliel’aveva strappato durante la contesa per il trono d’Egitto. Considerato uno degli amuleti più potenti per garantire salute e protezione magica a chi lo portava, era raffigurato come occhio umano truccato, con il sopracciglio e con un motivo al di sotto che riprendeva quello formato dal piumaggio sotto gli occhi dei falchi.
DUNAUY
Dunauy è un dio di cui si sa molto poco, anche perché non è attestato di frequente. Aveva l’aspetto di un falco con le ali spiegate ed era probabilmente una delle forme del più famoso dio falco Horo.
THOT
Dio della sapienza, della scrittura e della medicina, Thot era anche identificato con la Luna. A lui erano sacri l’ibis (infatti il dio era normalmente raffigurato come uomo dalla testa di ibis con la tavoletta da scriba e il calamo in mano) e il babbuino. Era lui che nel tribunale dell’aldilà prendeva nota del risultato della pesatura dell’anima.
ANELLO SHEN
Questo simbolo, che è anche un geroglifico che si legge “shen”, rappresenta una corda annodata a formare un cerchio: è simbolo di eternità. In forma allungata, contiene nelle iscrizioni geroglifiche il nome dei sovrani, fornendogli così una protezione magica, e prende il nome di “cartiglio”.
VASO USEKH
Questo tipo di vaso, che in geroglifico è chiamato “usekh” (cioè “largo”) a causa della sua forma, era fatto preferibilmente in bronzo: se ne conoscono alcuni esemplari, di cui uno parte del corredo della Tomba di Ignoti conservato al Museo Egizio di Torino, risalente all’Antico Regno (3100-2700 a.C.). Serviva come bacile in cui era versata l’acqua da una brocca, nei riti di purificazione.
COLLARE USEKH
Questo collare, indossato quasi sempre da divinità e sovrani, era quello “largo” (“usekh” appunto), fatto con molti giri di perline in colori diversi, di cui il più esterno solitamente con terminazioni a goccia. Dato il peso, che doveva essere consistente, alle estremità aveva due contrappesi, chiamati menat in egiziano, che ricadevano dietro la schiena.
OSIRIDE VEGETANTE
Con “Osiride vegetante” si intendono delle figurine del dio Osiride impastate con limo del Nilo e semi o chicchi di grano, i quali dovevano poi germogliare. Questo genere di figure era posto nelle tombe come parte del corredo, a simboleggiare da un lato la potenza rigenerativa del dio Osiride e dall’altro l’augurio per il defunto di rinascere, come la vegetazione fa ogni anno.
MODIO o KALATHOS
Il modio, come era detto dagli antichi Romani (o kalathos, come era chiamato dai Greci) era un vaso a forma di tronco di cono rovesciato che serviva come misura per il grano e per tutte le merci solide. Se ne conoscono in terracotta, muniti di manico: la capacità era valutata come un terzo di un’anfora. A volte decorato con rami e foglie, diventa il copricapo tipico del dio Serapide, divinità legata alla vegetazione e alla sua ciclica rinascita, come simbolo di abbondanza.
BA
Il ba, una delle entità che secondo gli antichi Egizi costituiva una persona, è generalmente interpretato come “anima”, nel senso che le attribuiamo noi oggi. Nelle tombe e sul corredo funerario era raffigurato come un uccello a testa umana, con le sembianze del defunto.
SEGNO NEB
Questo segno geroglifico rappresenta un cesto basso e largo, che doveva essere fatto di vimini intrecciati, come mostrano alcuni esempi dipinti nel dettaglio. In egiziano si leggeva “neb” e significava “signore”, “padrone”: ha quindi un legame con il concetto di autorità.
FAÏENCE
È uno dei materiali distintivi dell’antico Egitto e non deve essere confusa con la terracotta. La faïence è costituita, infatti, da un nucleo a base di quarzo polverizzato o sabbia, che veniva impastato con un po’ d’acqua e modellato in varie forme per mezzo di stampi. Durante la successiva cottura, gli elementi metallici e vetrosi presenti nell’impasto passando in superficie fondevano, conferendo alla faïence rispettivamente la vivace colorazione (solitamente verde o azzurra) e l’aspetto lucido all’esterno.
STEATITE
La steatite è una delle forme del talco, una pietra costituita da silicato di magnesio. Può avere diversi colori, dal bianco-giallo al marrone o nero, ed è caratterizzata dal fatto di essere molto tenera e quindi di facile lavorazione. In Egitto si trovava soprattutto nel deserto sud-occidentale, e fu molto utilizzata per la manifattura di piccoli amuleti e di un gran numero di scarabei, a volte anche resa lucida mediante un’invetriatura.
SETH
Era il dio del caos (e di tutte le cose che implicano disordine, come le tempeste, le malattie e tutte le deviazioni dalla normalità), del deserto e dei paesi stranieri. Secondo il mito era figlio di Nut e Gheb e fratello di Iside, Osiride e Nefti. Ucciso il fratello, contende al nipote Horo la sovranità sull’Egitto, perdendo. Fu un dio popolare in Egitto soltanto durante la XIX dinastia, quando alcuni sovrani portano nomi che includono il suo (Sethi I e II e Sethnakht): l’animale che gli era sacro è probabilmente un animale fantastico, con un muso lungo e appuntito , due alte orecchie dal taglio squadrato e una coda dritta e biforcuta. Spesso è raffigurato come un uomo con la testa di questo animale e alle volte è identificato con divinità orientali come Baal.
UTO (o WADJET)
Uto era il nome greco antico della dea Wadjet, che letteralmente significa “la verde”. Raffigurata solitamente come cobra, o come cobra alato, poteva anche essere ritratta in forma di donna dalla testa leonina oppure, come nell’immagine, di un cobra alato con testa di leonessa e disco solare sul capo. In quanto cobra, era la dea simbolo del Basso Egitto (mentre la dea-avvoltoio Nekhbet lo era dell’Alto Egitto) e proteggeva il faraone dai nemici.
AKER
Normalmente raffigurato come una sfinge o un leone con due teste, questa divinità è legata al concetto di terra, anche nel senso di “sottoterra”, cioè di aldilà. Questo legame con l’oltretomba fa di Aker una divinità che ha la funzione di guardiano, di protettore dei defunti.
KHNUM
Questo dio dalla testa di ariete, animale considerato simbolo di fertilità dagli antichi Egizi, era ritenuto un creatore, tanto che il suo nome stesso significa “creatore”, “modellatore”. Uno dei miti sull’origine dell’universo dice che Khnum modellò al tornio gli dei, gli uomini e gli animali. Proprio questo suo legame con il tornio ne fece il patrono degli artigiani.
HEQET
Questa dea rana (raffigurata anche come donna dalla testa di rana) è una divinità antichissima che proteggeva le nascite terrene e divine, tra cui anche quella del sole ogni mattina.
SHU
Uno degli dei presenti agli inizi del mondo, il dio Shu incarna l’aria che separa il cielo (Nut) e la terra (Gheb) e permette alla luce del sole di dare vita agli esseri umani e a tutto il creato. Egli è detto essere padre di Nut e Gheb, ed è solitamente raffigurato come uomo con la piuma simbolo del suo nome sul capo, mentre li tiene separati.
TEFNUT
La dea Tefnut, donna dalla testa di leone, non sembra essere nota per caratteristiche sue proprie. È detta compagna del dio dell’aria Shu, e quindi fa parte delle divinità primordiali, ma anche figlia di Ra. A volte è nominata in associazione con Hathor, il che spiega il carattere orgiastico del suo culto.
GHEB
Era uno degli dei primordiali, raffigurato quasi sempre come uomo disteso con la pelle di colore verde: incarnava la terra coperta di vegetazione, era sposo di Nut, la dea del cielo, e padre di Iside, Osiride, Seth e Nefti. Nelle scene che ritraggono la creazione del mondo lo si vede disteso in basso, mentre la sua sposa si leva ad arco sopra di lui, sostenuta da Shu, dio dell’aria.
TOERIS
Il suo nome può essere trascritto Toeris, dal nome in greco antico, o Tauret, secondo la grafia egiziana. Era una dea che aveva corpo e muso di ippopotamo, zampe di leone, dorso di coccodrillo , seni, pancia e braccia umane. Data la sua funzione di madre e nutrice (è raffigurata gravida, infatti), la sua immagine si trova molto di frequente su amuleti che servivano a proteggere le partorienti ed i bambini appena nati.
PATECO
Con questo termine si indicano le figure di nani calvi che spesso fungono da amuleti. Questa era una delle forme del dio Ptah, che proteggeva da animali nocivi come serpenti o coccodrilli.
BES
Pur essendo una divinità a cui non vengono innalzati grandi templi in Egitto, fu tuttavia molto venerato dalla popolazione, come testimoniato dall’altissimo numero di statuine e amuleti che lo ritraggono in forma di nano dalla bocca ghignante, spesso con la lingua penzoloni, la barba ispida e le corte gambe arcuate. Sul capo indossa una corona di piume di struzzo e a volte tiene due coltelli in mano. Il suo aspetto spaventoso serviva ad allontanare i demoni, anche durante il sonno (per questo lo si vede sui poggiatesta) e a proteggere i neonati.
SARCOFAGI QERSU
La parola qereset, in egiziano, significava “sarcofago, sepoltura” e il geroglifico corrispondente raffigura un sarcofago del tipo presente nell’immagine a fianco: una cassa rettangolare con quattro pali sporgenti agli angoli ed un coperchio con volta a botte; da qui il nome di qersu.
UPUAUT
Lo sciacallo Upuaut, il cui nome significa “l’apritore delle strade”, era una divinità funeraria che faceva da guida ai defunti nell’aldilà. Figure lignee di Upuaut, raffigurato come uno sciacallo disteso con un nastro rosso attorno al collo, erano spesso poste sui sarcofagi e sulle cassette che contenevano il corredo, specialmente a partire dall’Epoca Tarda (715-332 a.C.).
MUT
Questa dea, che normalmente è raffigurata come un avvoltoio, può avere l’aspetto di donna, anche dalla testa leonina, che sul capo ha le spoglie dell’avvoltoio e la corona doppia dell’Alto e Basso Egitto. Diviene una divinità importante a partire dal regno di Hatshepsut nel Nuovo Regno (1543-1070 a.C.), quando le viene dedicato un tempio a Karnak, in quanto parte della triade divina di Tebe assieme allo sposo Amon e al figlio Khonsu.
SOKAR
Dio funerario della necropoli di Menfi, era raffigurato come falco mummificato o come uomo dalla testa di falco, sulla quale poteva portare corone diverse. Fin dal Medio Regno (1992-1650 a.C.) fu associato ad Osiride e a Ptah nella divinità, funeraria anch’essa, Ptah-Sokar-Osiride.
KHONSU
Questo dio è parte della triade divina venerata a Tebe, come figlio di Amon e Mut. In quanto divinità bambina, ha la treccia infantile sul lato del capo, ed è normalmente raffigurato in forma di mummia con in mano scettro e flagello. A volte invece ha l’aspetto di uomo dalla testa di falco. Ciò che lo rende riconoscibile è l’emblema della doppia luna (disco della luna piena e crescente lunare) che porta sul capo. Proteggeva dagli animali pericolosi e dalle malattie, ed era spesso consultato per avere oracoli.
APOFI
È un serpente acquatico che abita l’oltretomba e che cerca ogni notte di impedire a Ra di compiere il suo viaggio a bordo della sua barca. Ogni notte viene però sconfitto dagli dei che proteggono Ra ed è quindi spesso raffigurato col lungo corpo trafitto da molti coltelli.
IMENTIT
Imentit era la dea che personificava l’Occidente, di cui porta il simbolo in capo. Insieme a Khefet-her-neb-es, era particolarmente legata alla città di Tebe, il cui “occidente” era costituito dalle necropoli, tradizionalmente collocate in corrispondenza del punto in cui il sole tramonta. Era quindi considerata una patrona dei defunti, ed è pertanto spesso raffigurata sul fondo delle casse dei sarcofagi prodotti a Tebe, in particolare durante la XXI dinastia (1070-945 a.C.).
NEKHBET
Questa dea, dall’aspetto di un avvoltoio, era simbolo dell’Alto Egitto, come Uto, il cobra, lo era del Basso. Queste due dee compaiono assieme nelle titolature dei faraoni, prima del nome “nebty”, che significa “le due signore”; esse proteggevano il sovrano dalla nascita alla morte, ed in particolare Nekhbet era raffigurata su tutto ciò con cui egli entrava in contatto.
KHEFET-HER-NEB-ES
Questa dea, che porta sul capo il geroglifico dell’Occidente, come Imentit, era la dea della necropoli della città di Tebe. Era quindi considerata una patrona dei defunti, ed è pertanto spesso raffigurata sul fondo delle casse dei sarcofagi prodotti a Tebe, in particolare durante la XXI dinastia (1070-945 a.C.). Il suo nome significa pressappoco “Colei che è rivolta verso il suo signore”.
CARTONNAGE
Materiale molto usato nell’antico Egitto per fabbricare maschere funerarie e, a partire da un certo periodo, anche i rivestimenti delle mummie (che da questo materiale prendono appunto il nome di “cartonnage”). Era fatto sovrapponendo diversi strati di tessuto in lino o di papiro, che venivano pressati e induriti con del gesso, usato anche come rifinitura finale dell’esterno e base delle decorazioni dipinte.
FETICCIO DI ABIDO
Questo simbolo raffigura una parrucca attorno alla quale è legato un nastro e su cui si vede la corona formata da una doppia piuma (solitamente tipica di Amon), infilata su un palo. Nell’iconografia egizia è immagine del dio Osiride; il nome “feticcio di Abido” deriva dal fatto che Abido era il luogo principale di culto del dio dei morti, in quanto si credeva che egli fosse stato sepolto lì.
NILOMETRO
Con questo termine, che deriva dall’unione delle parole Nilo e del greco “metròs” (“misura”), si indicano quei pozzi in cui era segnata una scala graduata che serviva per misurare la piena del Nilo. I nilometri si trovavano solitamente nelle vicinanze dei templi, come il più famoso, quello di Elefantina. Grazie ad essi era possibile stimare in anticipo la portata della piena e calcolare quindi le tasse da applicare al futuro raccolto.
SCRITTURA IERATICA
La scrittura ieratica è solo uno dei modi che gli antichi Egizi usavano per scrivere la loro lingua. Il modo più antico e anche più conosciuto è costituito dalla scrittura geroglifica, in cui è ben chiaro che cosa rappresentano i singoli segni e che veniva usata perlopiù per testi ufficiali che andavano incisi sui monumenti in pietra.
Direttamente derivata dai geroglifici, la scrittura ieratica altro non è che la versione corsiva di questi ultimi. I segni sono semplificati e uniti tra loro, a causa del diverso utilizzo di questa scrittura: la si usava, infatti, sui papiri, dove i segni erano tracciati con pennelli; serviva per scrivere testi religiosi, rituali e funerari, documenti amministrativi, ecc.
Vi era infine un terzo tipo di scrittura, conosciuto come “demotico”, che è una ulteriore semplificazione della scrittura ieratica, in cui i segni sono sempre meno riconoscibili. Questa era la scrittura più diffusa nel periodo delle ultime dinastie faraoniche e della dominazione greca dell’Egitto: sono numerosissimi i documenti redatti in questa grafia, in particolare contratti tra privati (ma non solo).
HEKA
Si tratta della personificazione della magia di cui è pervaso tutto il creato. Nato per secondo, dopo Atum, ha potere su tutti gli altri dei. Come potere magico, può essere benefico ma anche pericoloso. Il suo potere può nuocere ai defunti poiché è in grado di annientarne l’anima, mentre era utile al dio del sole durante il suo viaggio notturno nell’aldilà, per essere protetto dai pericoli. Heka è raffigurato come un uomo che tiene in mano due serpenti o due frecce incrociati, ed a volte ha sul capo il geroglifico della parola “pehty”, cioè “forza, potenza”.
SERAPIDE
Divinità nata dall’unione di Osiride e del toro Api di Menfi durante il dominio dei Tolomei in Egitto (332-30 a.C.). I sovrani d’Egitto, ormai greci, lo crearono in modo che potesse favorire l’integrazione di greci ed egiziani, dal momento che assimilava anche caratteristiche di diversi dei della Grecia. Il centro del suo culto era Alessandria. Era raffigurato come Zeus, un uomo dalla folta barba e dai lunghi capelli riccioluti, ma con il diadema detto kalathos (una specie di vaso cilindrico per il grano) sul capo. In lui era particolarmente evidente l’aspetto legato alla fertilità della vegetazione. In età romana il suo culto si diffuse in tutto il Mediterraneo.
API
Il toro Api era un animale sacro al dio Ptah di Menfi. Come tale, era venerato nel tempio di questo dio e, una volta morto, era imbalsamato con cura e sepolto con tutti gli onori in catacombe a lui esclusivamente destinate, note come Serapeum. Si sceglieva il nuovo Api in base ad alcune caratteristiche del manto, nero con macchie bianche in numero e posizione determinate.
Non era l’unico toro ad essere venerato: altri erano Buchi e Mnevi, legati rispettivamente al dio lunare Montu e ad Atum/Ra.
PRIAPO
Priapo era una divinità greca passata anche nel pantheon romano, caratterizzata dal fatto di possedere un fallo di proporzioni esageratamente grandi, simbolo di fecondità. Aveva anche la funzione di allontanare il malocchio. Faceva parte del corteo di Dioniso/Bacco ed era venerato soprattutto come protettore degli orti e dei giardini.
ITIFALLICO
Letteralmente significa “relativo all’itifallo”, cioè al simulacro del membro maschile in erezione, che nel mondo greco e romano era simbolo di fecondità. Con “itifallico” si designano oggi tutte le figure che mostrano un membro eccessivamente grande o in erezione.
BUBASTI
Con il termine “Bubasti” si indica normalmente la città egiziana di Per-bastet, “casa di Bastet”, nel Delta del Nilo. Come dice il nome, la divinità principale era la dea gatta Bastet. In seguito al fraintendimento del nome della divinità avvenuto al tempo della dominazione greca dell’Egitto (332-30 a.C.), Bubasti diventa una dea a sé stante, frequentemente associata ad Iside.
BAUBO
Nella mitologia greca, Baubo era la sposa del re Disaule. Di lei non si sa molto, ma sembra che incontrò Demetra che, assieme al figlio Iacco, andava alla ricerca di Persefone. Avendo offerto loro da bere ed avendo ottenuto un rifiuto a causa dello stato di disperazione in cui la dea si trovava, Baubo si mise in una posizione talmente buffa da far ridere Iacco, spingendo Demetra a sorridere per la prima volta da quando aveva perso la figlia. Le figurine di terracotta prendono il nome di baubo probabilmente a causa della loro posizione scomposta, sebbene il mito non aiuti a spiegarne la funzione.
FATIMIDI
Dinastia musulmana che dominò in quasi tutta l’Africa settentrionale, Egitto compreso, e in Siria tra il X e il XII secolo. Conquistarono l’Egitto nel 969 e vi trasferirono la loro capitale, che ebbe così sede al Cairo, città fondata ex novo. Uno dei monumenti più conosciuti che costruirono è la moschea di al-Azhar, datata al 970-971. La loro sovranità durò fino al 1175, quando Saladino restituì l’Egitto ai califfi di Baghdad.
MAMELUCCHI
I Mamelucchi erano schiavi musulmani, che vennero assoldati dai sultani d’Egitto per far loro da milizia personale. Quasi esclusivamente turchi e circassi, divennero col passare del tempo estremamente potenti, tanto da governare l’Egitto tra il 1250 e il 1517 e da restare una casta molto influente anche dopo che in quell’anno gli Ottomani conquistarono il paese. I sultani mamelucchi furono protettori delle arti, in particolare dell’architettura. Napoleone li sconfisse nella battaglia delle Piramidi del 1798 e il sultano Muhammad Ali li fece massacrare nel 1811.