Nelle antiche civiltà del Mediterraneo centro orientale la Sfinge è un mostro con corpo leonino e testa umana. In Egitto, questa divinità solare incarna il faraone, raffigurato come leone accucciato con testa umana dai caratteri individuali del re: la più famosa è quella di Giza che raffigura il faraone Chefren. Nei rilievi egiziani appare anche eretta mentre calpesta i nemici vinti; può essere nella variante con testa di ariete ed è posta a custodia delle porte lungo i viali d’accesso.
In Grecia la Sfinge ha generalmente volto femminile con ampie ali di uccello ed è seduta sulle zampe posteriori (derivando dall’Egitto, tramite gli intermediari siriani).
Figlia di Echidna (mostro con corpo superiore di fanciulla e inferiore di colossale serpente; madre anche della Chimera, dell’Idra e di Cerbero) e di suo figlio Ortro (il cane di Gerione) oppure di Tifone, nel ciclo tebano cantato da Sofocle la sfinge appare inviata da Era a Tebe per punire il crimine di Laio (che cercò di eliminare il figlio Edipo affinché non si compisse la profezia dell’oracolo, secondo la quale lo avrebbe ucciso): stabilitasi nei pressi della città divorava i viandanti che non sapevano risolvere l’enigma da lei proposto: “Qual è quell’animale che alla aurora cammina con quattro zampe, al pomeriggio con due e la sera con tre?” Solo Edipo seppe dare la giusta risposta: “L’uomo”.
Per la disperazione la Sfinge si uccise gettandosi in un baratro.
Edipo, che era sopravvissuto crescendo presso alcuni pastori, senza riconosce il vecchio padre lo uccise in un diverbio e dopo aver liberato la città dalla Sfinge sposò, come era stato profetizzato, la propria madre.
In Etruria la Sfinge appare dal VII secolo con aspetto femminile, accovacciata o andate, alata. L’immagine della Sfinge ebbe un’importante funzione funeraria e ne è molto diffuso l’uso decorativo.